L’olimpionico Santiago Lange: «Stregato dalla Barcolana»
TRIESTE «Dobbiamo divertirci e rispettare il mare, è questa la lezione più importante che posso lasciarvi». Santiago Raúl Lange chiuso così la Lectio Magistralis che ha tenuto alla Società Triestina della Vela nel contesto di Barcolana 50+1. La sua ultima sfida si chiamano “foil” le appendici che consentono alle barche di volare. È questo il futuro della vela? «La cosa interessante del nostro sport è che ci sono infinite possibilità per fare cose diverse e divertirsi. L’attività agonistica ed estrema sta andando verso i “foil” però ci sono anche le parti legate ad esempio al divertimento che magari possono essere il windsurf. Le barche con i “foil” sono molto divertenti, ma posso dire la stessa cosa ad esempio dei Tp52 visto che sono sceso da poco da Azzurra. Quello che mi sento di dire è che tutti gli aspetti di questo sport sono interessanti e divertenti».
La coppa America, sta andando nella direzione dei “foil” nel tuo curriculum c’è anche un’esperienza con Victory, hai mai pensato però di dedicarti completamente a quella che viene considerata la competizione più importante della vela?
«Al momento il mio focus è sui giochi olimpici, che considero ancora oggi il vero senso dello sport, e quindi sono impegnato per Tokyo 2020 con il Nacra».
Non sarai al via della regata neanche quest’anno per impegni improvvisi, sarebbe stata la prima volta? «Purtroppo non ho mai avuto la possibilità di essere in Barcolana, la conosco da molti anni e sono stato qua molti anni fa, inoltre ho tanti amici che sono di Trieste, una città da dove arrivano grandi velisti, tra i più importanti del mondo. Cito Vasco Vascotto, ma è solo uno dei tanti che conosco, che mi aveva parlato di Barcolana. Purtroppo in questo periodo in Sud America ci sono molte regate e inizia la stagione quindi non ho mai avuto la possibilità di partecipare, però mi piacerebbe molto».
Se avessi partecipato in questa edizione saresti stato a bordo di “Barcolana50” la barca varata lo scorso anno che si ispira alle passere lussignane. Proprio in modello di quello scafo è esposto in piazza Unità al fianco di un 69F, ovvero il futuro della vela. Che emozioni ti ha dato vederle insieme?
«È molto bello perché per vedere il futuro dobbiamo guardare al passato che dobbiamo conoscere. Vedere in Barcolana anche la storia della vela è affascinante e torniamo alla prima domanda: il bello della vela è che possiamo provare tante esperienze e divertici in tanti modi diversi, potrei paragonarla all’automobilismo dove ci sono tante diverse possibilità. Io sono un privilegiato perché posso provare molti aspetti di questa disciplina sportiva e l’ultima sono i “foil”. Ho detto al progettista German Frers di provare a progettare una barca con i “foil” perché è un’esperienza unica».
Nella tua vita hai dovuto affrontare una sfida tra le più difficili e legata alla tua vita. Cosa ti senti di dire a chi sta affrontando una malattia come il tumore?
«È una malattia presente in tutto il mondo e colpisce molte persone, molto più spesso di quanto uno possa immaginare. Quando mi chiedono qualcosa legato a questo argomento ne parlo con umiltà perché ci sono molti aspetti su questa patologia molto diversi. L’unica cosa che mi sento di dire è che io sono un privilegiato. Ho anche la fortuna di essere cresciuto attraverso lo sport della vela dove il vento e il mare decidono per noi e questo mi ha educato ad affrontare le cose con una certa mentalità. Aggiungo anche che la vita è la cosa più bella e importante e quindi bisogna combattere con tutte le forze».
Tornando al mare e alle emozioni collegate alla vela, alle ultime olimpiadi i tuoi figli stavano gareggiando nei 49er, cosa prova un padre e quanto hai guardato verso di loro per capire come stavano andando?
«Ammetto che ho guardato molto di più quello che facevano Jago e Klaus rispetto al pensare alla mia regata. La cosa più bella è stata però la cerimonia inaugurale delle olimpiadi quando abbiamo sfilato insieme: è stato il momento più emozionate. Pensare che per poco stavano per mollare al punto che anche io in quel momento mi sono chiesto che senso aveva andare alle olimpiadi senza di loro…» –
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