L’Occidente avverte il primo ministro Gruevski
SKOPJE. Si consuma lentamente e a colpi di conferenze stampa l’isolamento internazionale di Nikola Gruevski, nel cui esecutivo peraltro ieri sera c’è stata una scossa con sostituzioni e dimissioni.
Intanto, da inizio settimana il primo ministro macedone non può più contare sull’appoggio diplomatico dell’Occidente, a meno che non modifichi la propria politica di 180 gradi e non lo faccia al più presto. È questo il senso del messaggio inviato l’altro pomeriggio dall’ambasciatore americano a Skopje, Jess Baily, che - dopo un incontro con Gruevski - ha letto un comunicato congiunto firmato tra gli altri anche da Italia, Francia, Regno Unito e Ue. «Abbiamo reiterato al primo ministro tutta la nostra preoccupazione per il fatto che il governo non abbia fatto alcun progresso in quanto alle accuse di malaffare emerse dalle intercettazioni telefoniche», ha dichiarato Jess Baily, «questa continua inazione ci fa dubitare seriamente della dedizione del governo macedone ai principi e ai valori democratici della comunità euro-atlantica». L’ambasciatore ha poi ammonito: «Un continuo fallimento nel dimostrare questa dedizione con delle azioni concrete metterà a rischio il cammino della Macedonia verso l’Ue e la Nato».
Ieri è poi toccato al rappresentante italiano a Skopje, l’ambasciatore Ernesto Massimino Bellelli, ripetere l’avvertimento, augurandosi l’apertura immediata di «un’inchiesta trasparente e credibile» sulle ultime rivelazioni. Da metà febbraio il leader dell’opposizione, il socialdemocratico Zoran Zaev, pubblica ogni settimana intercettazioni telefoniche riguardanti il governo. «Bombe», le definisce lui, che fanno luce su diversi casi di corruzione e abuso di potere di cui l’esecutivo Gruevski sarebbe responsabile. La 29.a «bomba», svelata la scorsa settimana, ha dato il via alle proteste di massa. Secondo quanto emerso dall’intercettazione, alcuni membri della squadra di governo avrebbero cercato d’insabbiare la morte di un giovane manifestante ucciso dalla polizia nel 2011. Dal 5 maggio, migliaia di macedoni si ritrovano quindi ogni giorno alle 18 davanti al palazzo del governo, reclamandone dimissioni. Ieri sera, oltre all’abituale protesta contro il premier Gruesvski, altre manifestazioni si sono tenute in 23 città della Macedonia, ma stavolta in sostegno agli otto poliziotti morti nel weekend a Kamenovo, durante uno scontro a fuoco con un gruppo armato.
A quanto annunciato dal ministero degli Interni, gli agenti si sarebbero imbattuti in oltre 40 «terroristi albanesi» il cui obiettivo era «destabilizzare la Macedonia». Dopo i fatti di Kumanovo - 22 in tutto i morti, di cui come detto 8 poliziotti - l’esecutivo conservatore sta cercando di recuperare un po’ di consenso, sottolineando proprio la riuscita dell’operazione «antiterroristica» e l’eroismo delle forze dell’ordine.
Ma mentre il governo si concentra sui fatti di Kumanovo, l’opposizione guidata da Zaev richiama l’attenzione sugli scandali contenuti nelle intercettazioni telefoniche. Per domenica, il partito di Zaev ha confermato una protesta di massa cui parteciperanno anche alcuni rappresentanti del Partito socialdemocratico europeo (Pse). «Domenica a Skopje inizia il ritorno della libertà e della democrazia», assicurano i socialdemocratici macedoni, che invitano tutte le etnie del paese a scendere in piazza unite, come a voler smentire la teoria della crisi interetnica avanzata dal governo. Intanto, si diceva, ieri sera uno scossone nel governo: Sasho Mijalkov, capo dei servizi segreti e cugino del primo ministro, ha indirizzato a Gruevski una lettera in cui ha presentato le dimissioni «per aiutare a risolvere la crisi politica creata dall’opposizione». Due ministri, quello dell’Interno Gordana Jankuloska e quello dei Trasporti Mile Janakleski, sono stati invece sostituiti dal primo ministro.
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