L’obiettivo di Salvatore in ricordo del padre: inserire la cannabis tra le cure oncologiche

Dedicherà gli studi alle terapie per arginare gli effetti del glioblastoma, tumore al cervello di cui è morto suo papà
Salvatore Nocerino con la sua tesi di laurea
Salvatore Nocerino con la sua tesi di laurea

Napoletano, classe 1994, concluso il master dell’Università di Trieste e Sissa con 110 e lode in neuroscienze, Salvatore Nocerino vuole concentrarsi ora sull’impiego della cannabis nelle cure contro i tumori. È determinato nel portare avanti questo obiettivo per un motivo in particolare: lo deve anche al padre, scomparso di recente a causa di un cancro al cervello.

Qual è il suo obiettivo al momento?

Sdoganare lo stereotipo che la cannabis medica non può essere utilizzata per limitare gli effetti collaterali del glioblastoma, il tumore al cervello. Invece potrebbe avere un ruolo attivo nei trattamenti, anche se ora è utopistico trovare una cura.

Perché è così sicuro che la cannabis abbia effetti positivi in questo ambito?

Studiando le alterazioni nelle cellule di glioma, che hanno un incremento dei recettori verso i cannabinoidi, le cellule tumorali muoiono. Inoltre il paziente non sta male a differenza dei trattamenti chemioterapici.

Come pensa di poter portare avanti questo obiettivo?

Mi candido a partecipare a un progetto clinico in Spagna. È indirizzato ai pazienti di neuroblastoma, per cui al momento non c’è cura, ricorrendo al cannabinoide Cbd, composto della Cannabis sativa: l’impegno scientifico è capire questo elemento come aumenta la sopravvivenza durante la malattia. In laboratorio ho visto i meccanismi molecolari che possono aiutare a prolungare la sopravvivenza del malato oltre 15 mesi, target che ora si raggiunge con trattamenti chemioterapici e chirurgia. Mi piacerebbe passare in clinica per capire se effettivamente si può tradurli nella pratica.

Queste ricerche derivano dagli studi della sua tesi?

Sì, ho studiato una proteina del complesso della Dineina. In laboratorio abbiamo cercato di capire se questa proteina potesse far parte di un meccanismo molecolare attivato dai ricettori del cannabinoide. Ad Amburgo ho svolto un internship nell’ambito del master in Neuroscienze dell’Università di Trieste realizzato in collaborazione con la Sissa.

Qual è stato l’esito?

Abbiamo scoperto che la proteina portava a un incremento dell’aggressività delle cellule tumorali ma al contempo che i cannabinoidi inducono la morte cellulare. Sono risultati allineati alla letteratura scientifica. Bisogna capire se i cannabinoidi, interagendo con la proteina, diminuiscono l’aggressività.

Prima del master che cosa aveva fatto?

Sono andato in Grecia con un programma Erasmus e poi, appunto, in Germania. Prima ancora avevo studiato Scienze biologiche a Napoli. Mi ero laureato con l’intento di passare alla nutrizione. Poi, mentre studiavo Fisiologia, mi sono innamorato di Neuroscienze e quindi mi sono iscritto al master. Dopo due mesi però a mio padre hanno diagnosticato un glioblastoma e quindi mi sono focalizzato sulla neurooncologia. Ho attraversato una situazione complicata. Avevo alti e bassi, non sapevo se continuare a studiare o no. Tuttavia, dopo l’esperienza in Grecia, nell’ambito del master, dove ho lavorato per la prima volta sui cannabinoidi per un’altra tipologia di tumore, mi sono convinto a cercare un altro tirocinio incentrato sul glioblastoma.

La sua esperienza insegna.

Se una persona si trova nella mia stessa situazione famigliare o un’altra situazione negativa, continuare a studiare e mantenere degli obiettivi è fondamentale.

Ci vuole tanta determinazione…

Sì, nonostante sia pesante: quando mi sentivo più abbattuto, a volte anche di notte, mi alzavo e mi mettevo a studiare, perché mi manteneva vivo. —




 

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