L’oasi di pace nel verde con vista mozzafiato da cui anziani e assistenti ammiravano il mare
TRIESTE Una casa di riposo enorme, immersa nel verde, che ancora tanti ricordano come un luogo dove si lavorava duramente, ma con grande spirito di collaborazione e dove gli anziani venivano accuditi con affetto. È la Don Marzari, a Borgo San Nazario, di proprietà del Comune di Trieste, chiusa da undici anni. Sui social più volte l’edificio è stato segnalato dai cittadini per il lento e costante degrado, e allo stesso tempo in tanti ricordano come fosse un ambiente apprezzato da chi vi soggiornava, per la posizione e per le attività organizzate all’interno.
Tutto è stato dismesso nel 2007. Il personale che lavorava è stato dirottato su altre strutture, gli anziani sono stati trasferiti in altre case comunali. Manuela Gelletti faceva parte dello staff per dieci anni, dal 1997 al 2007. «Bellissima esperienza - sottolinea – faticosa ma positiva. Tra i punti più belli c’era il giardino, dove si svolgevano feste e grigliate, organizzate dal Comune di Trieste, insieme a tutto il personale, era un bel posto, purtroppo hanno preso la decisione di chiuderlo».
La palazzina è composta da diversi piani e da un ampio giardino. Chi sa bene com’era fatta la palazzina in attività è anche Monica Fischanger, per due anni al lavoro, prima che tutto chiudesse. «Il piano terra aveva una sala per le feste e le attività comuni, la palestra e un accogliente angolo caffè - racconta - nei piani superiori c’erano i reparti, nel seminterrato la cucina, la lavanderia e gli spogliatoi per noi. Ho un sacco di bei ricordi, ci potrei scrivere un libro - scherza - la collaborazione tra colleghi trasformava il nostro impegno, spesso molto duro, in qualcosa di piacevole, che si rivelava costruttivo anche per l’utenza. Venivano promosse tante iniziative di intrattenimento, comprese gite e uscite per svago».
Chi ha tanti ricordi, nei cinque anni passati all’interno della casa, è pure Marina Predonzani, «Quando nel 2000 ho vinto il concorso comunale e ho firmato il contratto, mi hanno detto che sarei andata come operatrice socio-sanitaria alla Don Marzari ero felice - racconta - un’oasi di pace, tranquillità, competenza, prodotti di qualità, fisioterapia, animazione, personale professionale. Non dimenticherò mai i tramonti, dalle vetrate ne ho visti tanti stupendi, in tutte le stagioni, vedevi il sole che si tuffava nel mare, da lì abbiamo assistito più volte anche alla Barcolana. E ancora come non dimenticare la neve, una sera ho iniziato il turno di notte e al mattino erano caduti così tanti fiocchi che abbiamo prolungato il lavoro perché chi ci doveva sostituire non riusciva a raggiungere la struttura. Ricordo anche i rapporti personali, con gli ospiti storici, alcuni vissuti tanti anni perché il livello di assistenza era davvero alto, e poi con i colleghi, si lavorava divertendosi, eravamo molto uniti, si organizzavano anche cene e feste». E Marina ricorda anche un simpatico episodio. «Un giorno due anziane ospiti, che stavano sempre insieme, sono scomparse, non si trovavano da nessuna parte, allora con l’auto sono andata a cercarle e le ho trovate lungo la strada che porta a Prosecco. E con difficoltà le ho fatte salire per riportarle indietro. Alla mia domanda sul perché della fuga, hanno risposto con ironia: “È San Martino, volevamo bere un bicchiere di vino!”».
L’edificio è stato costruito tra gli anni ’50 e ’60 dall’Opera per l’Assistenza ai profughi giuliani e dalmati per fini assistenziali, convertito in casa di riposo, in grado di accogliere e ospitare, divise per piano, al primo livello persone non autosufficienti, al secondo parzialmente autonome e al secondo chi era completamente autosufficiente. Le sale erano grandi, gli spazi esterni sfruttati durante tutta la bella stagione, tra il giardino e una terrazza panoramica. Di proprietà del Comune, come detto, la struttura era stata ceduta precedentemente dalla Regione. Complessivamente il sito è molto vasto, il solo fabbricato è di 15 mila metri quadrati, in aggiunta al un parco di ben 5 mila metri quadrati. Nel 2011 il sito è stato stimato in poco meno di 2,4 milioni e sembrava che il Comune fosse intenzionato a procedere con un’alienazione. Nel 2013 ecco una variante al piano regolatore, che in un documento online, tuttora visibile sul sito del Comune, si precisa le possibilità di destinazione ammesse per la palazzina: residenza, attività commerciali e pubblici esercizi in genere, attività direzionali, studi ed uffici, attività artigianali di servizio alla residenza, istituzioni religiose, culturali, scolastiche, sanitarie, sportive, assistenziali e simili, a carattere pubblico e privato, locali per le attività ricreative e lo spettacolo, alberghi, pensioni e simili, autorimesse pubbliche o private compatibili con la viabilità. Insomma chi investe e acquista può farne ciò che vuole o quasi. —
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