Lo studente dell’Ogs che misurò il “mostro”
di LIVIO SIROVICH
Alla fine dell’Ottocento, l'Italia era all'avanguardia nella sismologia, ma nel 1976 non esistevano cattedre di questa materia nelle nostre università. Grazie all'Ogs (Istuto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale) di Borgo Grotta Gigante e al dipartimento universitario del professor Marussi, Trieste era il centro italiano di eccellenza per la geofisica di esplorazione del sottosuolo, ma anche da noi non c'erano sismologi al passo coi tempi. Si diceva che in Carso le scosse sono meno pericolose perché le grotte attutiscono le vibrazioni; una diceria infondata, frutto dell'ipotesi del geologo che nel 1953 aveva curato la cartografia ufficiale dell'area di Trieste, ma che di geofisica sapeva assai poco (come quasi tutti i geologi accademici di quel tempo).
LA CORSA
QUELLA SERA
DEL 6 MAGGIO
Così accadde che la sera fatidica del 6 maggio 1976, chi corse (spontaneamente) a Borgo Grotta Gigante per interpretare le registrazioni della scossa, fu un giovane impiegato-studente universitario (di matematica), che si stava impratichendo nella "lettura" dei sismogrammi. (In seguito, il dottor Dario Slejko sarebbe diventato uno dei maggiori esperti italiani di pericolosità sismica regionale).
Tanta era la cultura generale nel settore, che qualche giornalista gli diede del "sismografo": «Il sismografo dell'Ogs ci ha detto...». Ma di sismografi ce n'erano, installati dagli americani negli anni '60 sul fondo della Grotta Gigante. Il sito era stato scelto perchè ha pochi rumori ambientali ed era adatto al controllo delle esplosioni nucleari sovietiche (riconoscibili dal tipo di vibrazioni emesse).
«L'immagine che si parò dinnanzi ai miei occhi - ha scritto il protagonista di allora - fu di un piazzale ingombro di auto di pompieri, polizia... e di curiosi. L'interpretazione era difficilissima perchè gli strumenti non erano adatti a registrare bene un terremoto così forte e così vicino. I “pennini” (ottici) si erano mossi troppo velocemente e le tracce erano quasi illeggibili. Un compito davvero arduo! Intanto, giornalisti, polizia e pompieri insistevano per avere informazioni: come se fosse stato facile capirne qualcosa». «Ottenni - sono ancora parole di Dario Slejko - l'impressionante valore di magnitudo di 6,4. Ma chi aveva il coraggio di comunicare a tutto il mondo quei dati quando la localizzazione di un terremoto con una sola stazione e spesso difficile anche da una registrazione di buona qualita?».
L'allora studente di matematica e aspirante sismologo se la cavò egregiamente azzeccando la magnitudo del terremoto del 6 maggio (6,4 era giusto) e la distanza da Trieste. Riuscì anche a calcolare bene l'epicentro (in realtà era qualche chilometro più a est del monte San Simeone). Ma si tratta di un errorino scusabilissimo.
LO STUDIO
DEI TERREMOTI
IN FRIULI
Si sapeva che la fascia dal Veneto orientale al Friuli orientale dava terremoti di magnitudo circa 6 in media ogni mezzo secolo o poco più. C'erano ad esempio stati terremoti forti nel 1873 (Belluno), 1928 (Tolmezzo), 1936 (Vittorio Veneto). Si sapeva anche che la forza scatenante era data dal movimento della Placca africana verso nord, contro la Placca eurasiatica. Non si sapeva invece quali potessero essere state esattamente le faglie (fratture della crosta terrestre) che, rom. pendosi, avevano provocato le scosse, né dove fossero esattamente, e naturalmente non si era in grado di prevedere i terremoti. Come ci fu affanno nel provvedere ai terremotati, ci fu affanno e qualche protagonismo anche in campo scientifico.
Famoso il caso di un caposcuola della geofisica esplorativa che, pressato dai giornalisti, davanti a una selva di microfoni si lasciò scappare all'incirca questa frase: «Posso annunciare che vinceremo la battaglia per la previsione dei terremoti prima di quella contro il cancro...» - pausa ad effetto, o panico? - «Entro dieci anni!».
I giornalisti scrivevano, i ricercatori che masticavano l'argomento si guardarono sconsolati (ne sono passati 40 dal distruttivo terremoto del Friuli, ma la ricerca sulla previsione non riesce ancora a sfondare).
In questi anni si sono studiati e capiti meglio anche fenomeni particolari come i forti cedimenti delle fondazioni di edifici costruiti su alcuni tipi di sabbie (e di ghiaie) sature d'acqua. Alcuni di questi casi si sono verificati sia in Friuli nel 1976 (soprattutto a Trasaghis e a nord di Maiano), che in Emilia nel 2012.
Accade che le vibrazioni addensino i granuli di sabbia e l'acqua entri in pressione, facendo perdere resistenza al terreno. La casa scende anche di decine di centimetri, l'impiantito della cantina si gonfia, acqua e sabbia escono in pressione da buchi di 5-10 cm nel terreno, e si può arrivare al crollo.
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