Lo striscione per Giulio Regeni ritorna in piazza Unità

TRIESTE. L’appello alla verità per Giulio Regeni rimane in piazza Unità. Lo striscione simbolo della campagna che pretende giustizia per l'omicidio in Egitto del ricercatore di Fiumicello riappare nella sede della Regione dopo che Roberto Dipiazza, istintivamente secondo la lettura di uno che lo conosce bene, Bruno Marini, aveva provveduto alla sua rimozione dalla facciata del Comune. A decidere di ridistendere nel cuore di Trieste la scritta nera su sfondo giallo è Debora Serracchiani. La presidente, ieri poco prima di mezzogiorno, non si è limitata a ordinare l'esposizione, ma è intervenuta in prima persona per sistemare e assicurare lo striscione a un balcone del palazzo del Lloyd.
«Lo striscione per Giulio Regeni rimane in piazza Unità a Trieste, esposto sul palazzo della Regione». All'ora di pranzo Serracchiani usa 99 dei 140 caratteri di un tweet per informare dell'immediata reazione al ritiro del vessillo. «Anche i simboli contano», chiarisce la presidente.
Lo striscione per Giulio Regeni rimane in piazza Unità a Trieste, esposto sul Palazzo della Regione. pic.twitter.com/bjeGWleJST
— Debora Serracchiani (@serracchiani) 8 ottobre 2016
E dunque lo striscione di Amnesty International ricompare nella stessa piazza da dove era stato cancellato. Serracchiani, non appena si era diffusa la notizia della mozione del centrodestra mirata a evitare un presunto rischio «assuefazione» derivante dall'esposizione prolungata del messaggio, si era esposta sempre via Twitter invitando allo sforzo comune per la verità, compreso il Comune di Trieste: «Faccia la sua parte».
Ma dopo il blitz di Dipiazza, che non ha nemmeno atteso la discussione in Consiglio comunale sulla richiesta dei capigruppo di maggioranza (a quanto risulta la madre di Regeni, che non aggiunge dichiarazioni a quanto già detto, non sarà presente in aula), la presidente ha ricevuto più di una sollecitazione a rispondere. E venerdì sera ha deciso personalmente di riportare in piazza Unità le quatto parole che rifiutano la versione ufficiale del governo del Cairo.
«Ci sono situazioni in cui, accanto alle azioni istituzionali e diplomatiche, contano anche i simboli in cui si riconoscono intere comunità - la spiegazione di Serracchiani -. Aiutare a trovare la verità per Regeni è un obiettivo per cui tutti noi siamo chiamati a fare la nostra parte». Non manca il riferimento alle origini del ricercatore, nato a Trieste e cresciuto a Fiumicello: «Giulio aveva un forte legame con la città e ci è sembrato giusto che il suo nome rimanesse ancora esposto nella piazza più bella e importante del capoluogo regionale».
Una scelta diversamente commentata su Twitter. C'è chi ringrazia e incoraggia Serracchiani, chi abbonda in punti esclamativi e attacca il “botegher”, chi invece critica i tempi («Perché non prima?») e l’efficacia dello striscione: «Attendiamo ancora risposta dal governo e da Matteo Renzi, fatela finita di prendere in giro la famiglia Regeni».
Solo applausi, al contrario, dal Pd regionale. La segretaria Antonella Grim approva: «Scelta giusta che rende onore alla memoria di Giulio, alla famiglia e alla nostra città». Secondo Grim «negli ultimi giorni abbiamo assistito a comportamenti gravi e profondamente irrispettosi del sindaco e di parte della maggioranza, che tra l'altro hanno dato una pessima immagine di Trieste a livello nazionale». Non diversamente l'europarlamentare dem Isabella De Monte: «Giulio Regeni è figlio di questa regione e oggi Trieste ribadisce di non volerlo dimenticare. La sua memoria e il bisogno di verità sono più forti dei gesti impulsivi e delle parole inammissibili di un sindaco che in questa vicenda ha dimostrato di essere inadeguato». E se pure «non basterà a dare verità e pace alla famiglia», il gesto di Serracchiani «dimostra l'intenzione di non mollare». Rivolta quindi a Dipiazza e al deputato leghista Fedriga, De Monte aggiunge: «Davanti a drammi umani simili, la politica dovrebbe far prevalere il rispetto, la ragionevolezza e il buonsenso».
Il «dente cariato», così lo aveva chiamato Dipiazza, che rispunta? Il sindaco non sembra infastidito. Non lo dà almeno a vedere. «Quando Serracchiani toglierà lo striscione, credo che nessuno farà o dirà nulla, questione di stile».
Basta alla guerra degli striscioni è poi il richiamo di Fedriga che, denunciata «l'ulteriore, squallida strumentalizzazione politica», indica la strada di un impegno comune: «Sono pronto ad andare con Serracchiani dal governo per esercitare ulteriori pressioni affinché emerga quanto prima la verità». «La decisione di esporre lo striscione sul palazzo di piazza Unità è stata presa dopo che il Comune ha ritirato il suo - ribatte il deputato Pd Paolo Coppola -. È lecito dubitare che Fedriga ritenesse necessari due striscioni in piazza Unita'. Quanto alla sua offerta di dare la sua attenzione per ottenere verità per Giulio, prendo atto - conclude Coppola - che si manifesta solo in occasione di questa triste vicenda».
A dar man forte al centrodestra sul tema dello striscione, infine, è Carlo Giovanardi. Dopo aver ricordato il caso Ustica, il senatore centrista cita ora il cerimoniale di Stato «che vieta di esporre negli edifici pubblici bandiere non istituzionali, ciò per rispettare il carattere di "neutralità" di quelle sedi, che costituisce sacro principio democratico».
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