Lo strano percorso carsico del Sanzulich dal monte Fiascone alla birreria Dreher

il reportage Via Giovanni Verga, le quattro del pomeriggio. Un cittadino siciliano sta spaccando della legna nel suo giardino. «Conosco una persona che potrebbe raccontarle degli aneddoti sul...

il reportage



Via Giovanni Verga, le quattro del pomeriggio. Un cittadino siciliano sta spaccando della legna nel suo giardino. «Conosco una persona che potrebbe raccontarle degli aneddoti sul torrente che scorre alla fine di questa via». In un accenno di vita paesana chiama a voce l’amico che abita nel condominio a fianco; dal balcone esce Silvano che è nato a Roma ma si è trasferito nel 1947 in via Zanella, poco distante da qui. «El patok? Mi lo go sempre visto cussì come che el xe oggi» afferma Silvano. Dino Cafagna, storico triestino e autore del libro “I torrenti di Trieste”, scrive che «il Rio Marchesetti detto anche Sanzulich, nasce nei pressi della villa de Rin, a est del monte Fiascone: scende nel tratto iniziale a cielo aperto e in un tunnel sotto la via Verga». La porzione “scoperta” del torrente la si nota prima di una doppia curva, dove l’ambiente urbano lascia spazio alla Natura: palme, bamboo, cespugli di alloro, acacia e ortiche, sul muro di contenimento a destra cresce muschio in ottima salute. Il torrente porta questo nome in riferimento alla famiglia Marchesetti, di cui Carlo è stato il membro più importante, pioniere nello studio della botanica e dei castellieri, e che Trieste ha onorato con una via nel rione di San Luigi.

«A me non risulta che ci siano i resti di un lavatoio vicino al torrente, anche se questo non significa che non ci fosse» racconta Cafagna. Nei pressi della doppia curva sono abbandonate delle reti metalliche prodotte dalla multinazionale Heras. Proprio dietro alle reti, a terra e nascosta dalla vegetazione spunta una struttura in arenaria che ricorda le vasche di un lavatoio. Alcune pietre sono lavorate e mostrano delle cornici scolpite.

In molti altri punti della città come San Giacomo e Roiano, esistevano questi luoghi utilizzati dalle donne del quartiere, che molto spesso raccoglievano la biancheria delle famiglie borghesi, lavandola e facendola risplendere. Al tempo i torrenti non sembravano essere inquinati come oggi e non esistevano gli elettrodomestici.

Il torrente scorre sotto la strada, l’ambiente umido diventa il paradiso di migliaia di moscerini. Sull’alveo si trovano bottiglie di plastica e poco distante qualcuno ha scaricato un cumulo di piastrelle da bagno. Ci sono alberi caduti, una balaustra a cui ci si appoggia per osservare il flusso del torrente. Più su un cancelletto arrugginito apre a delle scale che conducono ad una baracca in pietra, mentre del filo spinato non più in uso incute un qualche timore.

Alla fine della strada si viene bloccati da una casa. Il torrente Marchesetti passa proprio sotto quel terreno, scendendo dalla zona del capolinea dell’autobus 17, in via Alfonso Valerio. Qui, circa otto anni fa sono stati effettuati dei lavori di contenimento del torrente, che a causa delle abbondanti piogge fuoriusciva dal suo alveo e inondava la strada. «Non ci sono più problemi da quella volta”»afferma una residente. L’acqua scorre e finisce in una vasca di pietra dove riposa una pentola in rame («Un signor la usa, no so per cosa però, e altro no saveria dirghe» racconta un signore che vive qui). C’è anche un rubinetto.

Sulla destra una torretta chiusa da una rete è colma d’acqua e poco distante un tombino sembra portare sottoterra. Poco distante un sentiero conduce all’abitazione dove un tempo viveva il casellante del ponte della ferrovia Transalpina. Si passa tra il sambuco e fichi maturi, ghiandaie onnipresenti e merli curiosi. Qui il Marchesetti scompare, anche se si nota il suo corso e soprattutto le dighe di contenimento realizzate con pali di legno chissà quanto tempo fa. Ricompare il filo spinato. Si può immaginare che pascolassero delle mandrie su questi pendii? Avevano bisogno d’acqua? Venivano spinte ad abbeverarsi qui? L’ingegnere Fabio Zubini, nel volume dedicato al rione di San Giovanni, sosteneva che alcune mandrie di proprietà di una nobile famiglia alto danubiana residente nella zona dove oggi sorge la scuola di Polizia, effettuavano una sorta di transumanza dal rione verso il monte Fiascone, o Metlika in sloveno.

Un tempo la relazione tra gli abitanti che vivevano sui torrenti e questi corsi d’acqua erano vive, reali. Oggi bisogna cercarla, a fatica, tra le tracce nascoste del sottosuolo, la cementificazione degli alvei ed un passato romantico, certamente suggestivo. Il rio Marchesetti infatti scende dal versante carsico e riceve le acque del torrente San Cilino per finire la sua corsa, nei pressi di corte Fedrigovez, nel torrente Starebrech il cui flusso passa sotto via Giulia.

In questa stessa via un tempo esisteva il mulino dello Scoglio, dove poi sorgerà la fabbrica della Dreher, divisa oggi tra gli uffici dell’Agenzia delle Entrate e un negozio di sport. La correlazione è un azzardo e forse ha poco a che fare, ma chiunque apprezza il luppolo, sa che se la birra è buona è soprattutto per merito dell’acqua che scorre non lontano dal reparto di produzione. —







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