Lo stagno di Basovizza rinasce ed entra in una tesi di laurea

TRIESTE. In questi giorni, in tempo per fare da sfondo alla classica sagra paesana, lo stagno di Basovizza tornerà a vivere. Praticamente prosciugato il vecchio “Stefanov kal” è pronto a ricevere l’acqua che lo riporterà ai fasti di un tempo. «È uno degli stagni più antichi del Carso», afferma Maurizio Bobini dell’associazione Tutori stagni, ente interpellato dal comitato Usi civici di Basovizza per riportare a nuova vita quello specchio d’acqua, che ricorda che l’acqua sul Carso era un bene prezioso, captata immediatamente, dopo ogni precipitazione, da un sottosuolo avido e ignavo dei bisogni di chi sopravviveva in superficie. «In tempi di spending review - spiega il presidente del comitato Usi civici basovizzano Marco Arduini - siamo stati noi ad assumerci l’onere di ripristinare lo stagno. L’impegno di spesa si aggira sui 30mila euro. L’ultima ristrutturazione risale a una ventina di anni fa. Sono state le ninfee, con i loro rizomi, a bucare il telone che sul fondo dello stagno tratteneva l’acqua e a provocare il prosciugamento». Le ninfee dunque, con le loro spettacolari infiorescenze ma con i loro forti fusti sotto l’acqua, risulterebbero il killer di questo e di diversi altri stagni del Carso. «Da una parte le ninfee, dall’altra tartarughe e pesci rossi di cui qualcuno si disfa talvolta in buona fede - ancora Bobini - sono letali per questi piccoli ecosistemi. Una volta ripristinato lo stagno, raccomandiamo ai cittadini di non introdurvi alcun animale o pianta e, nel contempo, di evitare il lancio di pietre o legna che possono rompere il nuovo telo di bentonite collocato sul fondo del laghetto”. Oltre ai Tutori stagni, anche il dipartimento di Biologia dell’ateneo triestino ha seguito i lavori. Lo studente Simone Moras, assistito dalla ricercatrice Miris Castello, sta preparando una tesi di laurea sullo stagno. Grazie al loro lavoro verrà realizzato un cartellone informativo, che gli Usi civici predisporranno in tre lingue.
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