Lo speciale dizionario del dialetto triestino, in omaggio con Il Piccolo nelle edicole

In regalo da lunedì 23 aprile a fascicoli il “Il nuovo Doria - Grande dizionario del dialetto triestino storico, etimologico, fraseologico”, co-prodotto da Piccolo e MgsPress, grazie all'appoggio di Regione, Banca e Fondazione Antonveneta, e l'appoggio dell'Associazione Giuliani nel Mondo . Due volumi per un totale di 1300 pagine
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TRIESTE

Due volumi per un totale di 1300 pagine. Sono tutte lì le nostre parole, i lemmi della lingua di ogni giorno, quel dialetto triestino che è il nostro “fedelissimo ritratto”, come ricorda Paolo Possamai citando Leopardi nell’incipit della sua introduzione al “Il nuovo Doria - Grande dizionario del dialetto triestino storico, etimologico, fraseologico”, pubblicato dalla MgsPress e da oggi in regalo a fascicoli con “Il Piccolo”. È un’edizione speciale pensata per “Il Piccolo” e per l’Associazione Giuliani nel Mondo, con il contributo della Regione e di Banca e Fondazione Antoveneta, che per la cura di Nereo Zeper rivede e amplia l’edizione del 1987. Nel primo volume oltre alle indicazioni per la lettura, la grafia e la pronuncia, ci sono la tabella dei segni, l’alfabeto fonetico semplificato, le indicazioni sulle abbreviazioni, i numeri reali, la tabella dei verbi. Il vocabolario del primo volume va dalla A (prima lettera dell’alfabeto ma anche particella pleonastica: . A volendo, se podaria...) alla M; dalla N alla Z di “Zvitic” il secondo volume. In tutto 27 fascicoli da raccogliere da domani e fino al 2 luglio. Domani con il giornale i primi cinque fascicoli e la prima copertina, con il fascicolo 28 ci sarà la seconda copertina.

Se è vero che «il concetto di dialetto richiama immediatamente quello di “lessico familiare”, di identità, casa e famiglia», come nota il presidente dei Giuliani nel Mondo, Dario Locchi, nel suo intervento di presentazione dell’opera, allora questo lessico va conosciuto, tutelato e tramandato. Perché, tra l’altro, fa parte della ricchezza del Friuli Venezia Giulia, delle sue stratificazioni storiche e culturali, le cui «diverse componenti storiche e linguistiche» vanno «considerate non come un limite ma come una ricchezza, capace di comporsi in unità», come notano il presidente della Regione, Renzo Tondo e l’assessore regionale alla Cultura Elio De Anna. Tantopiù, dice Piero Camber della Commissione Cultura in Regione, che «la briosa parlata giuliana (...) con le sue sfumature e diverse componenti di accenti e termini, è tuttora molto diffusa e certamente non si pone come desueta e alternativa cugina povera dell’idioma nazionale o delle altre lingue diffuse nella nostra regione».

Lingua vivissima, dunque. E siccome dietro ogni parola c’è un mondo di significati, un orizzonte evocativo in cui collocare il nostro mondo, ecco che un dizionario come il Doria diventa qualcosa di più di un’opera di consultazione o un registro di lemmi. È un deposito di memorie, oltre che una guida utile a definire la nostra quotidianità, e non solo.

Il dizionario ha una lunga storia, fatta di passione e ricerca. Ce la ricorda l’editore Carlo Giovannella, spiegando come «il primo nucleo di circa 15.000 lemmi era stato compilato da Sergio Zorzon, libraio, ricercatore e studioso appassionato di argomenti locali». Zorzon l’aveva poi passato a Mario Doria, di cui ci dà un ritratto il suo ex allievo, poi collega, Franco Crevatin, ordinario di Etnolinguistica dall’Università di Trieste: «Un grande grecista, uno studioso di fama internazionale ed uno dei primi ad interessarsi con successo della grecità micenea». Insomma un erudito di quelli piuttosto pignoli, un po’ presi e distratti dal peso dei loro stessi interessi, che a un certo punto si mette in testa di proseguire il lavoro di Zorzon, scavando nel dialetto come un minatore nella cava. Fino a dover affrontare una marea montante di nuove parole, nuove proposte etimologiche, che lo porteranno oltre la soglia dei 25mila lemmi. Molti lo aiutano, e fra questi Claudio Noliani, che accompagna Doria fino alla pubblicazione del Grande Dizionario all’inizio degli anni Ottanta. Esce a fascicoli sul settimanale di Franco Paticchio “Il Meridiano”: l’opera completa è del 1987.

Finché entra in scena Nereo Zeper, regista, scrittore, altro appassionato studioso del dialetto. Zeper riprende in mano il malloppo e si mette al lavoro. Amplia la ricerca, perfeziona la bibliografia, aggiorna tutto l’apparato dialettologico tenendo conto degli studi successivi dello stesso Doria, con il quale è in contatto. Alla fine aggiungerà ottocento nuovi lemmi o varianti, con la collaborazione di Roberto Fontant e Paolo Merkù e, per quanto riguarda il lessico floro-faunistico, con la consulenza del giovane attuale direttore del Museo di Storia naturale, Nicola Bressi.

E adesso eccolo qua il Nuovo Doria. È un dizionario «scritto - ricorda ancora Crevatin - da un grecista triestino, che quando parlava in italiano spesso colluttava con la morfosintassi italiana e le cui vocali erano più di casa nel rione di Ponziana che nello standard italiano». Perché Doria era «fieramente dialettofono, triestino cementizio», come del resto lo è il suo erede Zeper. E come del resto lo sono tutti, a Trieste e nei suoi dintorni.

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