«Lo pregavo di non salire su quell’aereo ma lui aveva una passione irrefrenabile»

Parla Anna Rossetti, moglie di Roberto Vescovo, docente di Ingegneria morto a Caorle nello schianto del suo monomotore

TRIESTE «Gli dicevo di non prendere quell’aereo, di lasciar stare, io non mi sentivo sicura. Mi pareva impegnativo. Ma era la sua passione...». Parla con una sofferenza composta Anna Rossetti, moglie del sessantacinquenne Roberto Guglielmo Vescovo, il docente del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste che sabato si è schiantato con un piccolo velivolo in una campagna di Caorle.

Vescovo, originario di Verona e residente a Latisana, era un apprezzato insegnante di Campi elettromagnetici del nostro ateneo. Il professore era a bordo del mezzo assieme al suo istruttore, il padovano Franco Mura, un architetto di settantacinque anni che dopo la pensione si era trasferito a Trieste. Anche lui è deceduto.

Il velivolo stava sorvolando la zona e a un certo punto - per cause ancora da appurare - è precipitato. La moglie del professor Vescovo si sente di escludere un errore e, tanto meno, che il serbatoio non avesse carburante a sufficienza. «L’istruttore e mio marito - spiega la signora Anna Rossetti - erano molto esperti. Ne sono certa. Quindi credo che si sia trattato di un guasto. È stata una disgrazia». Rossetti aveva visto il marito qualche ora prima del drammatico incidente: lo aveva salutato mentre usciva di casa per dirigersi all’aviosuperficie Alicaorle. «Sì -conferma la coniuge - era di mattina, prima che partisse. Quella è stata l’ultima volta. Purtroppo - sospira - da tanto tempo aveva questa passione del volo».

Vescovo aveva preso il brevetto una decina di anni fa. «Era il suo unico svago», riflette ancora la moglie: «Si dedicava tanto al lavoro e alla famiglia e quando poteva saliva sul suo aereo. Roberto - ribadisce - era esperto e prudente, quindi dev’essere stato un guasto all’aereo, o comunque una fatalità. Non credo sia stato un errore». Quella degli aerei era una passione che il professore coltivava personalmente, sebbene anche uno dei figli, il più grande, ultimamente avesse iniziato a interessarsi di quell’hobby.

«Andavano spesso assieme e anche mio figlio era ormai deciso a prendersi il brevetto. Ma adesso, dopo questa tragedia, ha cambiato idea».

Il docente universitario utilizzava un velivolo suo, di cui era proprietario. «Non era un ultraleggero - ci tiene a precisare la moglie - bensì un aereo acrobatico quadriposto omologato per tre. Il signore che accompagnava mio marito era l’istruttore. Si conoscevano da tempo, da quando Roberto ha cominciato a frequentare la scuola di volo, cioè da almeno una decina di anni. Si vedevano spesso all’aereoclub. Mio marito - aggiunge - aveva preso prima il brevetto per pilotare gli ultraleggeri, poi quello per gli aeromobili. Ripeto - ribadisce - entrambi erano esperti, quindi mi pare davvero strano che abbiano potuto commettere un errore in volo. Però aspettiamo le verifiche tecniche per sapere».

Nulla è certo: le indagini per capire cosa può essere accaduto in quota sono in corso. L’autopsia invece è in programma domani.

«Mio marito - racconta la moglie - era un insegnante stimato. Ci sono anche studenti di Latisana che si sono espressi molto positivamente nei suoi confronti. Aveva lezione tre volte la settimana a Trieste. Era un bravo professore e una persona che amava la sua famiglia. Era molto attaccato ai nostri quattro figli. Io ho cercato di scoraggiare mio marito dal prendere quel tipo di aereo».

«Mi sembrava impegnativo - osserva ancora Anna Rossetti - e gli avevo anche detto di non acquistarlo. Ma non mi ha ascoltato, era la sua passione. In realtà non ho mai contestato questo hobby né che si facesse il brevetto, ma non ero sicura della scelta di quel velivolo.» —


 

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