Lloyd triestino, la storia che vale tutto un museo

Rifatto l’inventario dell’archivio, 6mila pezzi per anni collocati in Porto Vecchio Dai modellini alle stampe, va formalizzato il dono della Regione al Comune
Silvano Trieste 27/10/2011 Il Magazzino del Museo del Mare
Silvano Trieste 27/10/2011 Il Magazzino del Museo del Mare

di Gabriella Ziani

Una storia centenaria con pezzi di inestimabile valore sta da oltre 12 anni chiusa in scatoloni da trasloco sigillati da nastro adesivo ma potrebbe presto diventare proprietà del Comune di Trieste. Per complesse e annose ragioni sta in magazzino ciò che resta dell’archivio del Lloyd Triestino, o per meglio dire Lloyd Austriaco, compagnia di navigazione nata nel 1836, la più gloriosa impresa di navi, mare e commercio internazionale della Trieste di ieri, con le prime linee verso l’Oriente e Suez, la costruzione di cantieri e supernavi, e negli anni Trenta 153 agenzie marittime sparse nei cinque continenti.

Annessa, anche la «Terza sezione artistico-letteraria», per stampe interne, pubblicazione della rivista “Sul mare” e della collana libraria “Letture di famiglia”, e dunque con un cospicuo lascito di giornali, grafiche, manifesti pubblicitari, locandine firmate dai più celebri autori dell’epoca. E poi straordinari modellini di scafi, quadri (di Scomparini, Passauro, Hermann Lamb, Lannes, Zangrando), acquerelli, stampe e illustrazioni (Orell, Marussig, Cernigoj, Cadorin, Dudovich, Chersicla), incisioni, arredi, foto (anche dei Wulz), documenti di bordo anche manoscritti, libri, posaterie in uso sulle «bianche navi» da crociera.

Oltre 6000 i pezzi residui, che da soli farebbero il più gran museo della città, raccontando la sua «vera storia sul mare» e potendo poi aggregare collezioni private in tema, davvero cospicue e anch’esse a rischio.

Proprio in questi giorni un’avventura si conclude. L’archivio, dal 2010 ospitato nel magazzino del Museo del mare, ultima tappa di eterni traslochi, è stato sottoposto a un «inventario in contraddittorio» da funzionari del Comune e della Regione, per una verifica asseverata di ciò che veramente c’è nei pacchi, e di che cosa nel frattempo è sparito rispetto a un inventario precedente.

In 10 mesi di assiduo e appassionato lavoro, sotto la guida di Adriano Dugulin, direttore dei Civici musei ma all’epoca in cui l’indagine ebbe inizio anche direttore dell’Area cultura, il bibliotecario Stelio Zoratto ha preso in mano con estrema dedizione ogni pezzo, assieme ad Alessandro Maraspin, funzionario dell’Area patrimonio della Regione, e con Claudio Raini a fotografare ogni tavola, ogni zuccheriera, ogni lettera che usciva dagli scatoloni. I dettagliati cataloghi adesso sono pronti.

L’operazione si è resa necessaria per definire la proprietà dell’archivio. La Regione lo ha donato al Comune, ma l’atto non è stato mai formalizzato. Quando Regione e Comune prenderanno ufficialmente atto del riscontro veritiero, la Regione potrà deliberare la donazione al Museo del mare. Che tuttavia non ha assolutamente gli spazi per esporre un simile tesoro, né li ha il Comune tutto. Enormi e stupendi modelli di nave sono “stoccati” nelle loro vetrine l’uno sull’altro, gli scatoloni sono in scaffali, dall’alto spuntano inquietanti teste di manichini con le ricostruite divise “lloydiane”.

Per 11 anni la Regione ha tenuto questi beni in un container della ditta di traslochi Gondrand, depositato nei silenzi di Porto vecchio. Masserizie anche queste. La Regione aveva comprato nel 1991 da Finmare il palazzo del Lloyd triestino in piazza Unità per farne la propria sede. Nel 2004 (giunta Illy) sono iniziati i lavori di restauro e c’era già stato un principio d’incendio. Obbligatorio spostare i materiali storici. L’affitto in Porto vecchio è costato alla Regione 60 mila euro all’anno, un totale di oltre 300 mila euro. Fino all’accordo col Comune: donazione. Ma subordinata a questa revisione ufficiale.

La storia, si diceva, è lunga e contorta. Il Lloyd Austriaco divenne «Austro-ungarico» nel breve periodo marzo 1874-dicembre 1899, e “Triestino” nel 1919 dopo la prima guerra mondiale. Passato alla Finmare, società dell’Iri, nel 1998 fu privatizzato e venduto alla taiwanese Evergreen, che col nome di Italia marittima lo controlla attraverso la Greensisam di Pierluigi Maneschi. Dell’originale non resta ovviamente che il ricordo.

All’atto della privatizzazione la più consistente parte dell’archivio (5000 pezzi) era stata venduta dalla Finmare alla Regione, per 740 mila euro. Un’altra porzione era stata ceduta a Evergreen. Nel 2002 Finmare, ormai in liquidazione, donò alla Regione la restante porzione in suo possesso, tra cui c’erano i lotti contenenti tra l’altro i verbali di consigli di amministrazione, foto, libri, quadri e stampe. Per i 150 e 170 anni della compagnia libri e mostre hanno rispolverato i gioielli di famiglia. Molti pezzi nel tempo (anche quadri) sono andati perduti in tanti passaggi, in tante tempeste. Resta da verificare che cosa possiede ancora Evergreen. Poi si aprirà (speriamo) la grande domanda: che cosa facciamo di tutto ciò?

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