L’«italiano bruno» spunta nel libro di Barack

Il triestino è citato nel capitolo dell’autobiografia “I sogni di mio padre” dedicato al viaggio in Africa
La copertina del libro
La copertina del libro

TRIESTE. Che quello fatto in Kenya nel 1988 sia stato un viaggio determinante nella vita dell’attuale presidente degli Stati Uniti d’America lo dimostra l’autobiografia scritta dallo stesso Barack Obama nel 1995 “Dreams from my father: a story of race and inheritance”, in italiano “I sogni di mio padre. Un racconto sulla razza e l’eredità”, edito da Nutrimenti. Nel libro, come si legge nella presentazione, Obama racconta i suoi primi trent’anni di vita, «la storia non facile di un americano nato dal matrimonio tra un uomo di colore proveniente dal Kenya e una donna bianca originaria del Kansas».

Ed è proprio tra queste pagine che Obama ricorda quel safari fatto con la sorellastra Auma (che inizialmente si era rifiutata di accompagnarlo perché, gli aveva chiesto in tono provocatorio, «quanti kenioti pensi che possano permettersi di fare un safari?»), citando anche i suoi compagni di avventura, tra cui il triestino Mauro Calligaris, chiamato erroneamente Mario nelle prime pagine (errore poi corretto nei passaggi seguenti del libro).

«E così, alle sette di un martedì mattina, un autista kikuyu ben piantato di nome Francis caricava le nostre borse sul tetto di un furgoncino bianco - si legge all’inizio del capitolo diciassette -. Con noi c’erano un cuoco pelle e ossa di nome Rafael, un italiano bruno di nome Mario e una coppia britannica sulla quarantina, i Wilkerson».

È proprio il dottor Wilkerson la persona che sembra essergli rimasta più impressa: come ha ricordato lo stesso Calligaris, Obama e il medico si scambiavano riflessioni e considerazioni attorno al fuoco, su temi che spaziavano dalla religione all’Aids - vera piaga di quegli anni - fino al colonialismo. Ma il futuro presidente degli Stati Uniti ricorda anche una conversazione sulla Chiesa e l’aldilà avuta con lo stesso Mauro, che poi, ricorda Obama nel libro, «si ritirò nella tenda».

Di quel safari , il futuro presidente degli Usa ricorda soprattutto i paesaggi sconfinati («vidi il paesaggio più bello che avessi mai visto»), le conversazioni con i Masai, i cieli stellati e soprattutto la quiete, «un silenzio in armonia con la natura».

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