L’ira di Slovenia e Croazia sulla cerimonia in foiba

Nel mirino le parole di Salvini e il «Viva l’Istria e la Dalmazia italiane» di Tajani. I leader di Lubiana e Zagabria: «Revisionismo storico inaccettabile»

TRIESTE Domenica alla Foiba di Basovizza il tempo si è fermato nei rapporti tra Slovenia e Italia e le lancette dell’orologio diplomatico sono tornate indietro agli anni Novanta, quando la frizione tra i due Paesi era elevatissima a causa dei beni abbandonati dagli esuli, tema posto in agenda dal governo targato Berlusconi.

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A far sfiorare l’incidente diplomatico l’altro ieri sono state le parole pronunciate davanti al monumento nazionale dal ministro degli Interni Matteo Salvini e dal presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani in occasione del Giorno del Ricordo. Tajani che ha mandato su tutte le furie anche la Croazia.

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Le frasi che più hanno fatto arrabbiare gli sloveni sono la condanna di Salvini di nazismo e comunismo, ma non del fascismo, e il suo definire il dramma delle foibe una pulizia etnica; nonché le parole finali del discorso di Tajani: «Viva Trieste, viva l’Istria e la Dalmazia italiane!». Ma sul banco degli imputati finiscono anche le parole pronunciate dal capo dello Stato Sergio Mattarella nel suo discorso al Quirinale, quando ha affermato che «tra le vittime italiane ci sono state anche molte persone che non avevano alcun legame con i fascisti e i loro crimini».

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Il capo dello Stato sloveno Borut Pahor ha scritto una lettera proprio all’omologo Mattarella in cui ha manifestato tutta la sua preoccupazione «per le inaccettabili dichiarazioni di alti rappresentanti della Repubblica italiana nel Giorno del Ricordo per le vittime delle foibe, che desiderano far passare l’idea che le foibe sono state un momento di pulizia etnica e politica». «Mi sembra importante avvertire - ha precisato Pahor - che per la prima volta si cambia in peggio il contesto europeo di convivenza e di uguaglianza, all’interno del quale queste affermazioni e prese di posizione diventano particolarmente preoccupanti».

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Il presidente sloveno ha quindi riportato l’attenzione su quanto è avvenuto sul confine orientale alla fine della Seconda Guerra mondiale riferendosi agli esiti dei lavori della Commissione mista di storici italo-slovena sui rapporti bilaterali tra il 1880 e il 1956. Esiti che sono stati salutati con approvazione dalla Slovenia e ai quali deve essere riportata la discussione anche in Italia.

A farsi vivo su Twitter è stato invece il primo ministro Marjan Šarec il quale ha sostenuto che «il fascismo aveva come suo scopo lo sterminio del popolo sloveno». Ho già sostenuto che in Slovenia c’è un desiderio di revisionismo della storia, ha proseguito, e «la stessa cosa accade anche sul versante italiano del confine, tristemente da parte di politici di spicco e addirittura di funzionari dell’Ue».

Il ministro degli Esteri, Miro Cerar ha puntato il dito accusatore direttamente contro il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani. Il capo della diplomazia slovena, infatti, si è detto convinto che l’Unione europea è nata per annullare l’odio tra i popoli e gli Stati e «proprio per questo - ha sostenuto - le parole del presidente del Parlamento europeo sono inaccettabili perché qualsivoglia falsificazione degli eventi storici sul confine tra Italia e Slovenia è imperdonabile». E per questo si è augurato che i politici lascino la storia agli storici, a quegli storici che nel 2000 hanno scritto le conclusioni della Commissione storica bilaterale tra Italia e Slovenia. «Personalmente - ha annunciato Cerar - scriverò al presidente Tajani ricordandogli proprio i lavori della Commissione storica bilaterale e definirò le sue parole a Basovizza come imperdonabili».

Ad andare giù pesante è stato anche il presidente della commissione Esteri del Parlamento di Lubiana, Matjaž Nemec. Domenica si è assistito a un vero e proprio «terremoto nei rapporti bilaterali italo-sloveni - ha dichiarato - dopo che gli stessi avevano raggiunto il livello più alto negli ultimi cento anni». «Non dobbiamo negare le foibe - ha concluso - tristemente però le parole del presidente della Repubblica (Mattarella ndr.) e, attenzione, del presidente dell’Europarlamento hanno completamente alterato la storia recente».

C’è poi il versante croato altrettanto infuriato, soprattutto contro Tajani e il suo saluto «Viva Trieste, viva l’Istria e la Dalmazia italiane!». «Esprimo la mia ferma condanna e respingo con forza le dichiarazioni di Tajani che contengono elementi di rivendicazioni territoriali e di revisionismo storico». Con queste parole il premier croato, Andrej Plenković, ha duramente criticato il discorso di Tajani e le sue parole su «Istria e Dalmazia italiane». Plenković ha detto di aver già parlato con il presidente del parlamento europeo al quale ha espresso la propria insoddisfazione per il discorso e chiesto chiarimenti. In campo anche la presidente della Croazia Kolinda Grabar Kitarović: «Il revisionismo storico e l'irredentismo sono assolutamente inaccettabili: i fondamenti dell'Ue e delle sue istituzioni non sono basati su tali valori», ha detto in merito alle parole di Tajani annunciando di volere rivolgersi alle istituzioni italiane e quelle europee. Anche il ministro degli Esteri croato, Marija Pejčinović Burić, ha condannato le parole di Tajani come «revisionismo storico inaccettabile, soprattutto perché proviene da un alto funzionario che rappresenta il Parlamento europeo», una delle istituzioni dell'Ue, che «è stata fondata con l'intenzione che in Europa non si ripetano mai più le guerre». «Tali dichiarazioni sono assolutamente inappropriate, soprattutto se espresse dal presidente del Parlamento europeo», ha aggiunto.

Infine, quasi tutti gli eurodeputati della Croazia hanno condannato alcune affermazioni dell’esponente forzista. «È una vergogna per il presidente del Parlamento europeo. Ha perduto la mia fiducia», ha brevemente commentato su twitter Ivan Jakovčić, eurodeputato della Dieta democratica istriana. —


 

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