L’ira dei vescovi ortodossi contro lo stop ai pellegrinaggi

Mentre nel Paese la cornice epidemiologica si complica l’esecutivo di Bucarest finisce sotto accusa per avere fermato le celebrazioni
Un patriarca ortodosso
Un patriarca ortodosso

BELGRADO I contagi salgono ancora, battendo i precedenti record, i decessi rimangono sostenuti. Le autorità decidono allora nuove misure restrittive, ma fanno arrabbiare le alte gerarchie della potente Chiesa ortodossa nazionale. Accade in Romania, dove sono sempre più tesi i rapporti tra governo e Patriarcato.

La colpa dell’esecutivo, hanno raccontato i media locali, aver vietato cerimonie religiose tradizionali e sentitissimi pellegrinaggi, che di solito attirano decine di migliaia di persone, a causa della situazione epidemiologica più che sfavorevole. Nel mirino delle autorità, in particolare, le celebrazioni di Santa Parascheva di Iasi, nella città di Iasi, dove la settimana scorsa – malgrado i divieti – centinaia di fedeli si sono comunque assembrati, generando alta tensione con la polizia. Lo stesso scenario si dovrebbe sviluppare a Bucarest, ormai zona rossa, dove salterà il grande pellegrinaggio in onore di San Demetrio, in programma alla fine del mese. Ma lo stop ai fedeli non è piaciuto alla Chiesa ortodossa romena, che ha tacciato di «arroganza e autarchia decisionale» le autorità. I pellegrini non sono un fattore di rischio, ha assicurato il portavoce del Patriarcato di Bucarest, Vasile Banescu, che ha posto l’accento anche sulla pretesa importanza delle manifestazioni religiose in tempi di pandemia. Bucarest ha tuttavia ben altro a cui pensare, al momento. Nel Paese, il più colpito dal virus a Est, ieri sono stati ben 4.848 le nuove infezioni e 69 i morti, che hanno ormai superato quota 6mila da inizio epidemia. Un quadronuovamente allarmante che peggiora digiorno ingiorno. —

st.g.
 

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