L’invasione di topi morti nel mare

Clamoroso avvistamento tra il Porto vecchio e la Diga. Il video fa subito il giro del web
Un’invasione di topi morti che galleggiano nel nostro mare. Una moria di ratti in Porto vecchio. Nello giorno in cui il Comune convoca una conferenza stampa per fare il punto sul piano di derattizzazione in città. I roditori senza vita, annegati nelle acque di casa nostra, sono stati avvistati ieri mattina intorno alla banchina situata di fronte alla caserma dei pompieri interna al Porto vecchio, nello specchio d’acqua compreso fra la terraferma e la Diga. È quanto si sono trovati davanti ai loro occhi, ieri mattina appunto, i lavoratori che si erano recati in Porto vecchio per fare i rilievi propedeutici all’imminente ristrutturazione della stessa caserma dei vigili del fuoco. Pensavano di operare in tutta tranquillità. Una giornata di lavoro come tante altre. Invece si sono trovati ad effettuare i rilievi davanti al tappeto di ratti che galleggiavano lì vicino, nell’acqua sporca e maleodorante. Una persona della squadra (che preferisce rimanere nell’anonimato), non sapendo bene a chi rivolgersi e come segnalare l’episodio, ha deciso di filmarlo con il proprio telefonino e di inviarlo al
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. «Non sapevamo chi avvisare - racconta - e di sicuro non ci sembrava il caso di chiamare la polizia... Con che coraggio avremmo riferito agli agenti che stavamo lavorando con trenta e più ratti morti intorno? E che in lontananza ce ne erano tanti altri? La nostra intenzione era di far presente i livelli di inquinamento che può raggiungere l’acqua del mare, soprattutto in porto. Ci siamo resi conto che la corrente stava trasportando le carcasse proprio verso la Capitaneria di porto e le Rive. Sappiamo che ci sono persone che fanno il bagno tra le Rive e il Porto vecchio. A maggior ragione, per questo motivo, ci è sembrato un caso da segnalare».


Poi, la persona che ha realizzato il filmato, descrive con cura ulteriori dettagli: «Erano ratti grandi, fino a venti centimetri di solo corpo, coda esclusa, ed altrettanto lunga. Rigidi e belli gonfi, come se fossero stati in acqua da diversi giorni. Ora, non sono certo un biologo, ma credo che un fenomeno del genere possa mettere quantomeno in discussione la tranquillità con cui ci si bagna in certe acque. Non saprei dire se a Trieste le morie di ratti siano frequenti. Era la prima volta che ci capitava di vedere una cosa del genere e l’abbiamo filmata». Il video, una volta diffuso sulla pagina Fb del
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, ha raggiunto più di 21mila visualizzazioni in poche ore. E ha ottenuto un altro effetto. Nel primo pomeriggio l’Autorità portuale aveva già provveduto a rimuovere le carcasse con un tempestivo intervento di rimozione. A darne notizia il segretario generale Mario Sommariva: «Dacché ne ho memoria, credo sia il primo episodio simile in Porto vecchio. Appresa la notizia, abbiamo subito predisposto l’intervento di pulizia tramite una ditta autorizzata a rimuovere quanto trovato in mare. Nel pomeriggio l’intervento era già stato concluso».


A spiegare cosa possa essere successo è il direttore del Museo civico di Storia naturale, il naturalista Nicola Bressi. «L’ipotesi più probabile è che la moria di ratti sia dovuta al violento temporale di domenica sera. Le comunità di ratti vivono nella rete fognaria che a Trieste è, in alcuni punti, collegata ai torrenti che scorrono nel sottosuolo e sfociano in mare. Alcuni si riversano in mare proprio a ridosso del Porto vecchio. A volte, dunque, la spiegazione più ovvia è anche quella più vera. Essendo scesa, domenica sera, una grande quantità di acqua in poco tempo, è probabile che i ratti non abbiano fatto in tempo a uscire dalla fognatura e siano annegati lì dentro. Poi la corrente li ha trascinati in mare. Potrebbe anche darsi che siano fuoriusciti dai torrenti che sfociano dall’altra parte del golfo, a ridosso del Porto nuovo. E che da lì poi la corrente del mare li abbia trascinati dall’altro lato». C’è di più. «I ratti, oltre ad essere abili nuotatori, hanno anche un’ottima memoria. In questo caso è facile possa essersi trattato di esemplari di quattro, cinque mesi (a quell’età sono già adulti) che non avevano mai visto un fenomeno simile prima. Non avendo riconosciuto avvisaglie, non sono riusciti a scappare in tempo».


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