L'intervista all'ex direttore del Fmi: «Quota cento non è una priorità. Al Paese servono altre risposte»

Cottarelli è intervenuto a Gorizia a Gorizia per parlare del suo libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana”
Bumbaca Gorizia 23.01.2019 Cottarelli alla Fondazione Carigo © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 23.01.2019 Cottarelli alla Fondazione Carigo © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

GORIZIA «Quota cento? C’erano spese più prioritarie per il Paese». Così Carlo Cottarelli, già direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale e attuale direttore dell’Osservatorio conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, ha “bocciato” la nuova misura per le pensioni, intervenendo prima dell’incontro “I sette peccati capitali dell’economia italiana”, organizzato dall’associazione culturale Libertà, territorio e solidarietà negli spazi (affollati all’inverosimile) della Fondazione Carigo a Gorizia. «Anche dopo la Riforma Fornero, e prima di questa Quota cento, in base alle previsioni la spesa per le pensioni doveva aumentare, nonostante si ipotizzasse la crescita del Pil – ha detto Cottarelli -, ma ora questa spesa aumenterà ulteriormente, e dunque o ci saranno meno soldi a disposizione per altro, o si farà più debito. Personalmente credo vi fossero spese più urgenti e prioritarie: dall’istruzione all’abbassamento delle tasse, o ancora l’abbassamento del debito, ad esempio».

Cottarelli è piuttosto scettico anche sul Reddito di cittadinanza. Una misura presente in tutti i paesi europei, e che in Italia ancora mancava, «ma che nel nostro caso è piuttosto elevata, il sesto reddito di cittadinanza più generoso in Europa», ha osservato l’economista. «Peraltro si parla di una quota equiparata alla soglia di povertà di 780 euro – ha proseguito -, ma le statistiche ci dicono che questa è molto differente ad esempio tra una piccola o media città del sud Italia, dove si attesta a 560 euro, o del nord Italia, dove arriviamo a 820 euro. Dunque viene da pensare che al sud chi percepirà il beneficio non avrà alcun reale incentivo ad andarsi a cercare un lavoro».

Ecco allora che, paradossalmente, «i tutor o navigator che dir si voglia potrebbero essere gli unici a trovare lavoro», come dice con una battuta Cottarelli, aggiungendo che «in linea di principio le politiche attive del lavoro e figure professionali di questo tipo sono positive, ma sarà necessario individuare le persone giuste».

Cottarelli era ospite ieri a Gorizia per parlare del suo libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana” (edito da Feltrinelli) dialogando con il giornalista Marco Girardo di “Avvenire” dopo l’introduzione di Franco Brussa. Un volume nel quale di fatto Cottarelli dà anche una chiave di lettura di cosa è successo negli ultimi vent’anni, durante i quali il Pil italiano è cresciuto appena del 4%. Per colpa, anche di questi “peccati capitali”. Quali? Evasione fiscale («In Italia si sono sempre fatti troppi condoni»), corruzione, eccesso di burocrazia (con le due cose, ha spiegato Cottarelli, che spesso sono strettamente legate), lentezza della giustizia, crollo demografico, divario tra nord e sud del Paese e, da ultimo, difficile convivenza con l’Euro. «Perché, se sono tra quelli che ritiene che non dobbiamo abbandonare la moneta unica ora – ha detto infine Carlo Cottarelli –, è innegabile che allora non eravamo ancora pronti ad entrarvi, e il suo avvento ci ha creato tutta una serie di problemi». —


 

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