L'intervista al ministro per il Turismo Garavaglia: «Aiuti in tempi rapidi. Tra un mese l’ok all’estate al mare»
TORINO Aiuti alle imprese più snelli e pronti a scattare in automatico, senza le lungaggini dei decreti attuativi. E l’obiettivo di consentire all’industria del turismo di programmare la stagione estiva a partire da aprile. Il ministro Massimo Garavaglia prende due impegni precisi, mentre la terza ondata della pandemia blocca di nuovo il Paese. Due lauree, una delle quali alla Bocconi, la palestra da sindaco a Marcallo, nel Milanese, un passato nel cda di Cassa Depositi e Prestiti, la vicinanza di lungo corso con Giancarlo Giorgetti: se c’è un leghista di governo, di quelli tornati al centro della scena con la svolta che ha portato alla nascita del governo Draghi, questo è Garavaglia. Che sul punto è prudente, ma chiaro: «Essere al fianco del popolo delle partite Iva è nella natura della Lega, da sempre. E ora, con il Pil che scende del 10%, la priorità non può essere un’altra».
Ministro, il mondo delle imprese ha grandi aspettative per il nuovo governo e il decreto Sostegni è il primo banco di prova. Che cosa cambierà da subito?
«Non amo parlare di provvedimenti non ancora presi e già questo sarà un cambiamento rispetto al passato: meno chiacchiere, bozze e discussioni. Si parla di cose reali, che vanno in Gazzetta Ufficiale, e basta. Detto questo, i primi segni di discontinuità devono essere due: la capacità di dare risposte in tempi rapidi e l’allargamento degli aiuti a categorie che fin qui erano rimaste escluse».
Dall’inizio della pandemia si parla di aiuti alle imprese in tempi rapidi, ma non succede mai. Come pensate di riuscirci?
«Prevedendo più automatismi nelle misure che approveremo: bisogna ridurre il ricorso ai decreti attuativi, che creano le lungaggini contro cui le imprese vanno a sbattere».
Le bozze circolano e Confindustria Alberghi protesta: con il tetto di fatturato a 5 milioni di euro, resta fuori la metà delle aziende. Anche il mondo dello sci aspetta risposte.
«Dico a tutti di avere ancora un po’ di pazienza: il decreto non è definitivo e non sarebbe serio da parte mia parlarne ora. Attendiamo il testo, poi discutiamo eventualmente di come modificarlo in Aula. Capisco che il governo precedente avesse abituato tutti a parlare anche di cose che non c’erano. Io non sono abituato a farlo. Servono certezze, non chiacchiere».
A proposito di certezze: lei è ministro di uno dei settori più colpiti dalla pandemia e costretto a navigare ancora a vista. Che estate sarà?
«È fondamentale aiutare le imprese del turismo a programmare la stagione. Al momento purtroppo non è possibile farlo e tutti sappiamo che andiamo verso un mese di marzo molto duro sul fronte dei contagi. Mi aspetto però un’estate simile alla scorsa, nella quale le famiglie potranno godersi le vacanze e le aziende tornare a lavorare, anche se prevalentemente con visitatori italiani e senza flussi importanti dall’estero. Vogliamo dare tempi certi alle imprese, anche a quelle dei parchi a tema, dimenticati dal precedente governo».
È realistico, vista la recrudescenza della diffusione Covid?
«Chiaramente serve pazienza e la partita dei vaccini sarà decisiva, ma mi aspetto che da aprile si possa ragionare su una programmazione della stagione estiva sulla falsariga dello scorso anno».
Come giudica l’ipotesi del patentino per chi sarà vaccinato?
«Ne ho discusso con i ministri degli altri Paesi europei, si va verso uno strumento digitale sanitario che registri le vaccinazioni. La posizione dell’Italia è chiara: le regole devono essere uguali per tutti, non possiamo accettare fughe in avanti con le quali un Paese possa cercare vantaggi competitivi. L’estate è molto vicina e i vaccini sono ancora pochi, anche se l’obiettivo è accelerare il più possibile: questa è la cosa più importante».
A proposito di Europa: svolta importante quella della Lega, da nemica di Bruxelles ad azionista di peso del governo Draghi. Siete tornati ad occupare uno spazio politico rimasto vuoto.
«La Lega è da sempre al fianco dei ceti produttivi, si figuri se davanti a una crisi come questa sarebbe stato possibile avere una priorità diversa dall’economia e dal lavoro. Non abbiamo fatto alcuna fatica, sono i nostri temi. Detto questo, la differenza la fa il modo in cui si sta in Europa».
Cioè?
«L’Unione Europea è criticabile, perché molte cose non funzionano. Siamo un Paese fondatore e in Europa dobbiamo stare a testa alta, l’Italia se n’era un po’ dimenticata. Ad esempio ora dovremo giocare la partita della sospensione del Patto di Stabilità, che per noi è decisiva. Dovremo parlarne serenamente, ma facendo valere con fermezza le nostre ragioni».
Europa oggi significa soprattutto Recovery Fund: come dovrà essere sfruttato per rilanciare il turismo?
«Il settore ora va difeso nell’emergenza, per salvare quante più imprese possibili. Alla fine della pandemia, molte ripartiranno da sole. Ma c’è da recuperare un gap che esisteva già prima del Covid. La digitalizzazione sarà fondamentale, serve un ecosistema in cui il ministero torni a fare da aggregatore di tutto il settore, dalle imprese agli enti locali, come del resto accade in tutti i Paesi che credono davvero nel turismo. Bisogna superare la frammentazione, anche nella promozione, e per questo è fondamentale essere tornati ad avere un ministero dedicato». —
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