L’intellettuale di Fiume si fa vaccinare a Belgrado e denuncia i ritardi dell’Ue
BELGRADO Un successo talmente evidente e pubblicizzato, anche all’estero, da attirare persino “turisti del vaccino”, incluse personalità eccellenti. Potrebbe essere questo il destino della Serbia, Paese extra-Ue che sembrava destinato ad arrancare, come il resto dei Balcani, nella corsa all’antidoto contro il Covid. E che invece, soprattutto grazie agli invii di fiale da Cina e Russia, è ora al secondo posto in Europa per numero di dosi inoculate in rapporto alla popolazione.
Dosi che, tra veementi discussioni, sembrano non finire solo nel corpo di serbi e residenti nel Paese balcanico, ma anche di stranieri che non vivono in Serbia e che dunque non ne avrebbero diritto. Protagonista delle più accese polemiche, la grande giornalista e scrittrice Vedrana Rudan, 71 anni, una delle menti più acute e battagliere dell’ex Jugoslavia. Rudan, croata e residente a Fiume, che ha rivelato in un articolo sul suo blog, intitolato «Un’europea a Belgrado», di essere andata in Serbia dalla Croazia, fiero membro della Ue ma in ritardo sui vaccini, a farsi immunizzare. «Sono chiusa in casa da mesi, gli ultimi giorni che mi rimangono li passo in attesa del vaccino, non posso baciare il mio nipotino neanche con la maschera», ha scritto Rudan. Attesa che si è fatta fin troppo lunga.
Prima della svolta. «Mi ha chiamato la mia amica belgradese Tanja, mi ha informato che come artista le cui opere vanno in scena a Belgrado e con libri pubblicati in Serbia ho il diritto alla vaccinazione». Detto fatto. Rudan è partita con il marito verso Belgrado, si è messa in fila alla Fiera per la prima dose, accompagnati da un Cicerone «che ci ha spiegato che in Serbia hanno la priorità anziani, sanitari, polizia, giornalisti e artisti». E si può persino scegliere, a Belgrado, «tra il vaccino cinese», quello che poi le è stato iniettato, «il russo, lo Pfizer e altri ancora», un vero e proprio «buffet dei vaccini», l’ha battezzato l’intellettuale croata. Poi, il ritorno in Croazia, «in un Paese ingabbiato, tra gente che aspettava la salvezza dai propri politici e dalla Ue e che ha ottenuto…» ben poco. Grazie Serbia, il messaggio dell’intellettuale croata, che fa bene «a sedere su più sedie», quando c’è da salvare vite umane.
Ma la trasferta serba di Rudan ha provocato enorme eco e aspre reazioni, malgrado tecnicamente anche a stranieri senza permesso di soggiorno, di passaggio nel Paese, sia offerta l’opportunità di esprimere online la propria preferenza per essere vaccinati in Serbia. «Io pago le tasse qui e sto ancora aspettando», «vergogna, non sono ancora stati vaccinati giovani con malattie croniche, cinico «turismo dei vaccini», alcuni dei commenti circolati sui social. A difendere Vedran è stata invece Tatjana Mandic Rigonat, regista che ha registrato l’intellettuale croata sul portale serbo dei vaccini. «Rudan da due decenni è presente e viva nella nostra cultura, con i suoi libri e le pièce» teatrali. E la chiamata è stata regolare, approvata «dalla città di Belgrado», ha svelato Mandic Rigonat, parlando di «decisione umana e intelligente, di diplomazia culturale». Anche Rudan si è difesa. «Se ho preso il vaccino di qualcuno mi spiace, al limite è stata negligenza», non un crimine, ha commentato. Rudan che, tuttavia, potrebbe non essere un caso isolato. Un portale serbo ha suggerito infatti che albanesi del Kosovo si sarebbe vaccinati nel sud della Serbia, nell’area a maggioranza albanese di Bujanovac. E malgrado le smentite, il portale ha confermato le rivelazioni. Sono inoltre circolati ieri “rumors” anche su macedoni che «accorerebbero» in Serbia per essere vaccinati. E degli «italiani vorrebbero far venire parenti e amici» a farsi immunizzare a Belgrado, si legge anche su uno dei forum dei nostri connazionali in Serbia. —
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