L’insostituibile ruolo del rapporto umano nell’elaborazione della scuola del futuro

L’eredità di questi mesi di didattica a distanza analizzata da un docente convinto della necessità di riscoprire presto vita di gruppo e relazioni 

La conclusione di questo strano, singolare anno scolastico offre l’occasione per un bilancio di come la scuola si è svolta nella fase dell’emergenza e sulle prospettive che ci aspettano. Tutti (ragazzi, famiglie, docenti) chiedono al governo di lavorare affinché a settembre le porte delle scuole possano riaprire. È una richiesta comprensibile e condivisibile. In questi mesi di chiusura degli istituti scolastici, gli insegnanti hanno fatto un grande sforzo affinché il diritto all’istruzione continuasse a essere garantito. In alcuni (pochi) casi, le buone pratiche esistevano da tempo e quindi erano già consolidate; in altri (la maggioranza) s’è dovuto iniziare un tipo di attività – l’insegnamento a distanza – del tutto nuovo. Agli insegnanti va dato atto di aver risposto con senso di responsabilità e con generosità a questa sfida: anche quelli che erano meno esperti nelle nuove tecnologie si sono attrezzati molto in fretta.

All’inizio dell’emergenza, in un dibattito ospitato in una trasmissione radiofonica ho sentito un presunto esperto – di quelli molto favorevoli (già da prima di questa situazione) a una digitalizzazione spinta della didattica – affermare che questa è la “rivincita” del nuovo modo di fare scuola su quello vecchio, cioè tradizionale. Tralasciando l’infelicità dell’espressione, da docente non sono affatto persuaso che tale sarà il nuovo modo di insegnare. Sono anzi convinto che questa sia e debba rimanere anche in futuro una modalità d’eccezione, anche se certamente la situazione che stiamo vivendo può spingerci a sviluppare una riflessione sulle potenzialità degli strumenti informatici e a formarci a un loro utilizzo sempre più consapevole.

La didattica a distanza è un modo per ovviare temporaneamente alla chiusura scolastica a causa dell’epidemia, ma non può sostituire la vita di gruppo e il contatto diretto con gli insegnanti. L’esperienza scolastica rappresenta un crocevia essenziale per acquisire competenze mentali, emotive, sociali e civili, in mancanza delle quali non può avvenire lo sviluppo.

La questione, tuttavia, va affrontata con attenzione e prudenza. Gli esami di maturità che inizieranno mercoledì della settimana prossima, in presenza, saranno un primo banco di prova. La possibilità di un rapido ritorno alla normalità di prima non sarà comunque immediata. A scuola, soprattutto nella primaria, il distanziamento interpersonale è qualcosa di molto difficile. Non solo perché la maggior parte delle classi italiane sono quelle che con brutta espressione giornalistica vengono definite “classi pollaio” , ma anche perché la frequenza scolastica movimenta ogni giorno in Italia più di 8 milioni di ragazzi. Urge quindi che gli esperti nominati dal ministero diano precise indicazioni per ipotizzare, sin da ora, come potrà realizzarsi, in sicurezza per studenti e docenti, l’inizio del nuovo anno scolastico. Non scaricando il peso – organizzativo, morale e legale – di queste delicate decisioni sui presidi, che così rischiano di essere lasciati soli.

Molte Università si stanno orientando su lezioni online anche per il primo semestre del nuovo anno accademico. Certamente negli atenei è diverso, sia perché i docenti sono mediamente già preparati a utilizzare le piattaforme informatiche sia perché gli studenti sono adulti che scelgono di frequentare le lezioni (non essendo la frequenza di per sé obbligatoria, almeno nella maggior parte dei corsi di laurea). Con i ragazzi più giovani, invece, la didattica a distanza è un po’più faticosa, anche perché il docente non ha quel “controllo” della classe che ha, o dovrebbe avere, nelle lezioni in presenza.

Però, dovendo dare la priorità alla salute personale, non si può escludere che l’esperienza della didattica a distanza dovrà continuare, almeno in parte, anche nel nuovo anno scolastico, soprattutto se i numeri del contagio non consentissero di stare sui banchi in piena sicurezza. In tal caso andrebbero risolte le criticità legate alle diverse situazioni sociali che per i meno avvantaggiati rischiano di risultare in una forma di discriminazione. Delle risorse finanziarie impiegate dal governo per l’emergenza, una quota adeguata dovrebbe essere stanziata per dotare ogni singolo studente delle necessarie strumentazioni informatiche. E quando sarà possibile, cioè quando l’epidemia sarà finita, sarà bello riscoprire la dimensione fisica, corporea, più “umana”, del rapporto didattico. Che rimane un aspetto davvero non facilmente surrogabile. –


 

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