«L’inchiesta sta mettendo in ginocchio Porto San Rocco»
In ”ostaggio” l’albergo del marina, sequestrato e dissequestrato più volte. A metà maggio l’udienza del Gip
di Claudio Ernè
di Claudio Ernè
«Cercano di mettere in ginocchio Porto San Rocco con decine e decine di esposti alla magistratura. Dal 2003 ci costringono a spendere ogni anno per le parcelle dei nostri avvocati più di 500 mila euro per difenderci adeguatamente nei vari Tribunali. Ora ci accusano di malversazione a danni dello Stato, truffa e falso, collegati all’antica vicenda dell’utilizzo dei fondi Ue dell’Obbiettivo 2. Dimostremo la nostra innocenza.
Altri intanto insinuano, protetti dall’anonimato, che siamo in vendita e indicano anche il prezzo: tutte fantasie, chiacchiere, insinuazioni a dir poco malevole e forse pilotate. Non c’è nessuna trattativa di vendita in corso e non siamo più disposti a continuare a fare da bersaglio. Spero che coloro che ci hanno denunciato tante volte a vuoto, abbiano i denari per risarcirci dai danni che hanno provocato e dallo sconcerto che hanno cercato di infondere ai nostri clienti. Non è una promessa: questi soldi glieli chiederemo».
E’ furibonda e piena di amarezza la reazione dei vertici della società che ha realizzato a Muggia, sull’area abbandonata del vecchio cantiere navale San Rocco, uno dei più importanti porti turistici dell’Adriatico. La reazione al «tiro al bersaglio» è univoca e corale e per la prima volta rompe un silenzio di anni che a molti è apparso fragoroso. La Porto San Rocco spa è controllata al 90 per cento dalla Delfin, la finanziaria del re degli occhiali Leonardo Del Vecchio. In precedenza tra gli azionisti di riferimento compariva anche il nome della famiglia Benetton.
Leonardo Del Vecchio ha fatto sapere indirettamente che «mai più investirebbe a Trieste». Si attendeva tappeti rossi, procedure snelle, burocrazia efficiente e invece si è trovato circondato da qualcosa di molto simile a barriere di filo spinato travestite da muri di gomma. Le ultime iniziative in cui si è trovata coinvolta Porto San Rocco hanno ulteriormente aggravato il quadro. Oggi ad esempio nell’aula del Tribunale civile di Trieste, di fronte al giudice Anna Lucia Fanelli, verrà discussa la causa che la società Acquario- quella del terrapieno di Punta Olmi, già al centro di iniziative dalla Procura della Repubblica - ha promosso contro Porto San Rocco, chiedendo dieci milioni di euro di risarcimento.
«La nostra iniziativa turistica non è andata a buon fine a causa del terreno inquinato che avete fatto scaricare tra Punta Olmi e Punta Sottile» sostiene Acquario. «Non è vero: quel terreno inquinato arriva da altri siti della valle delle Noghere. Il primo strato di terreno del cantiere, abbandonato per vent’anni, è finito all’interno di un contenitore stagno, non nella vostra discarica».
Ma non basta. E’ a rischio anche l’hotel posto all’interno dello stesso porto turistico. la procura di Pordenone lo aveva fatto sequestrare nello scorso autunno, nell’ambito del procedimento per truffa e malversazione ai danni della Ue che coinvolge i componenti del Consiglio di amministrazione. Il Tribunale del riesame di Pordenone, lo aveva restituito alla società, annullando il provvedimento. Il pm Federico Facchin è ricorso in Cassazione e la sua tesi è stata accolta a fine marzo. Sul dissequestro dovrà pronunciarsi di nuovo il Tribunale, in composizione diversa da quella precedente.
Intanto è stata fissata per metà maggio l’udienza del Gip di Pordenone in cui verrà discusso dell’eventuale rinvio a giudizio dei componenti del Consiglio di amministrazione di Porto San Rocco in carica all’epoca in cui l’iniziativa turistica era stata finanziata con i fondi dell’Obiettivo 2. I nomi di Dario Azzano, Massimo De Meo, Aldo Mazzocco, Edoardo De Pantzz Giorgio Paoluzzi, Roberto Ferraresi e Gianluca Pivato sono iscritti nel registro della Procura: ipotesi di reato truffa aggravata, malversazionee falso ideologico.
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