L’inatteso ritorno a casa dei “Manovali” di Bolaffio
TRIESTE Si intitola “Manovali” il quadro di Vittorio Bolaffio (Gorizia 1883 - Trieste 1931), che dopo 40 anni ritorna a Trieste per essere battuto all’incanto alla Stadion, nell’asta in programma il 4 e 5 dicembre. Un’opera importante con la quale nel 1928 l'autore partecipò alla Mostra Sindacale Giuliana di Trieste e che il critico Silvio Benco ebbe modo di recensire assai positivamente. Il dipinto, olio su tela di 90centimentri per 40, fu pensato per il polittico dedicato al porto di Trieste che, nel progetto originale mai realizzato, avrebbe dovuto essere composto da 24 quadri. Tre di questi sono di proprietà del museo Revoltella, dono dell'autore. Gli altri sono conservati in città in collezioni private; in particolare “Il vapore sottocarico” è di proprietà degli eredi Stuparich.
L’ultima volta che “Manovali” venne esposto a Trieste fu nel 1975, salvo una breve presenza nel 2011 in occasione della mostra “Vittorio Bolaffio e il porto di Trieste nei disegni della collezione Sanguionetti”, curata da Sergio Vatta. L'esposizione fu prima allestita alla Biblioteca statale di Gorizia, dove però l’olio non fu esposto, e poi al Revoltella. Qui per un paio di mesi il pubblico ebbe modo di vederlo. Dopo la prematura scomparsa di Bolaffio, l’opera passò di mano in mano nelle case di importanti di collezionisti italiani. «Solo dopo lunghe e accurate ricerche riuscii a rintracciarlo nel 2000 in una collezione pugliese - spiega Sergio Vatta -, dove era approdato a seguito di complesse vicende ereditarie».
Vatta, considerato uno fra i maggiori esperti di Bolaffio, ha elaborato una teoria. «Sono giunto a un’ipotesi assai romantica ma suffragata da riscontri oggettivi - precisa -. Il viso del facchino appoggiato alla botte ha i tratti somatici che ricordano molto il pittore. Gli stessi baffi e la stessa forma triangolare del viso; ritengo che possa trattarsi di un autoritratto ideale».
Il quadro sarà uno dei pezzi più importanti della prossima asta della Stadion visto che le quotazioni delle opere di Bolaffio raggiungono cifre a 4 zeri. «Sarebbe auspicabile - suggerisce Vatta -, che questa occasione venisse colta dalle istituzioni per acquisire l'opera, visto il suo legame con l'identità e la storia della città; in modo che possa diventare patrimonio di tutti».
Gran parte dell'opera di Vittorio Bolaffio ebbe come soggetto prediletto il porto di Trieste e gli uomini che lì faticavano per guadagnarsi il pane. Facce di umili facchini, marinai e scaricatori gli eroi delle sue opere. Un tema che iniziò a elaborare di ritorno dalla Grande Guerra, in cui combattè come soldato dell'esercito austroungarico. Dagli anni Venti in poi si impegnò in un’attività intensa, sia dal punto di vista della produzione artistica, sia di partecipazione, dopo la personale del ’24, a molte esposizioni importanti. Contemporaneamente partecipò alla vita culturale della città, intessendo rapporti con artisti e intellettuali, fra i quali i poeti e scrittori Virgilio Giotti, Giani Stuparich, Umberto Saba e lo scultore Ruggero Rovan. Negli ultimi anni di vita si dedicò quasi esclusivamente al progetto del Polittico, fino alla scomparsa il 26 dicembre 1931, assistito dall’amico pittore Santo Lucas, che ebbe cura di realizzare la riproduzione fotografica dei suoi dipinti.
Questo suo amore per il porto potrebbe rimandare alla sua voglia di viaggiare e vedere cose nuove e esotiche, come di fatto fece in gioventù. Nel 1910 infatti si trasferì per un anno a Parigi dove frequentò Modigliani. Due anni dopo si imbarcò su un piroscafo del Lloydi austriaco in rotta per l'estremo Oriente. Un viaggio che lasciò tracce di colori e luci nella sua pittura, così come ispirazioni tematiche. È noto che il padre - ricco possidente terriero nell’Isontino -, saputo che il figlio stava per imbarcarsi come uomo di fatica, offrì denaro al capitano della nave, pregandolo di risparmiargli i compiti più pesanti, in ragione anche della salute cagionevole. Opere di Bolaffio sono attualmente esposte nella mostra “Il mondo è là. Arte moderna a Trieste. 1910-1941”, realizzata dalla Provincia al Magazzino delle idee, proprio nei luoghi del porto da lui tanto amati e vissuti, vis -à-vis del mare.
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