“Limoni” oberata da debiti In bilico 44 dipendenti
I 44 dipendenti delle profumerie Limoni di Trieste attendono con apprensione il 18 giugno per conoscere il proprio futuro lavorativo. Per quella data infatti è stata fissata l'assemblea degli azionisti della catena di profumerie con 400 milioni di debiti, controllata da Bridgepoint, e che nella nostra città conta 7 punti vendita. L'appuntamento rappresenta il termine ultimo per un salvataggio. Entro pochi giorni sono attese infatti eventuali proposte d'acquisto per la società con sede a Bologna che, in assenza di offerte vincolanti, presenterà a stretto giro una proposta di concordato preventivo supportato da Orlando Management, il fondo specializzato in ristrutturazioni.
«I dipendenti devono essere ottimisti – precisa Ivano Piran, responsabile delle risorse umane del gruppo – ci sono all’esame diverse soluzioni: una prevede l’intervento di Coin, la seconda è un salvataggio delle banche ma non è da escludere anche la ricapitalizzazione del gruppo che include anche le profumerie Gardenia. L’interesse è indubbiamente quello di salvare questa importante realtà».
La proposta Coin e del suo azionista Bc Partners prevede investimenti per 20-30 milioni e la conversione di circa 300 milioni di crediti bancari. I tempi stretti e c’è la necessità di raccogliere intorno alla proposta un largo consenso del ceto creditizio, ma questa al momento appare l’ipotesi più percorribile.
Tre settimane fa Piran ha incontrato a Trieste i rappresentanti sindacali. E ora si attende il resoconto di un confronto tra Limoni Spa e le organizzazioni sindacali a Roma. «Il rappresentante dell’azienda ci è sembrato fiducioso e ottimista – ammette Antonella Bressi della Filcams Cigl – ma è evidente che la situazione non è meravigliosa. Io purtroppo fino a che non vedo nulla di scritto non sono tranquilla».
La catena Limoni è presente a Trieste dal giugno del 2000, quando rilevò i diciassette punti vendita della Cosulich dislocati in tutta la regione. «Le difficoltà della Limoni si aggiungono a quelle di molte, troppe aziende locali – evidenzia Bressi – spesso piccole, dove i tagli al personale passano inosservati alla città. La situazione a Trieste è grave. Dall’inizio dell’anno sono stati già attivati 40 procedimenti di cassa integrazione come ente bilaterale».
Nelle piccole realtà commerciali i titolari hanno spesso un rapporto quasi familiare con i loro dipendenti e, prima di ricorrere a soluzioni estreme, optano per questa soluzione in attesa di una ripresa dell’attività. «Sono aumentati i tagli delle ore – aggiunge la rappresentante Cgil – così come i passaggi da full- time a part-time. Il settore con più situazioni di difficoltà è sicuramente quello delle concessionarie di automobili».
Ma secondo i sindacati c’è anche qualche imprenditore che coglie la palla al balzo e con la scusa della crisi riduce il personale. «È doveroso sostenere le piccole e medie imprese – sostiene Maria Giovanna D’Este, rappresentante terziario del Ugl – ma alcuni imprenditori e titolari di esercizi commerciali economicamente solidi approfittano di questo periodo di crisi per far fuori alcuni dipendenti. Non facile anche la situazione di diversi dipendenti di cooperative sociali che gestiscono esercizi pubblici».
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