L’Immobiliare Sabbiadoro dichiarata fallita

Il colosso lignanese gestito da Rino Sostero, fratello della donna uccisa ad agosto assieme al marito
Lignano 19 agosto 2011 omicidio 2012 Copyright Petrussi Foto Press TURCO
Lignano 19 agosto 2011 omicidio 2012 Copyright Petrussi Foto Press TURCO

LIGNANO SABBIADORO. Fine di un’epoca, in Friuli, nel settore dell’edilizia residenziale di pregio: a 2 mesi dall’udienza nella quale era stato discusso il ricorso contro la dichiarazione di fallimento della Rino Sostero Costruzioni e dell’Immobiliare Sabbiadoro srl di Lignano Sabbiadoro, la Corte d’appello di Trieste ha rigettato il reclamo presentato dai legali del gruppo imprenditoriale confermando la sentenza che il tribunale di Udine aveva pronunciato il 3 agosto scorso. Sentenza tragicamente finita anche al centro delle indagini sul duplice omicidio dei commercianti Rosetta Sostero, sorella di Rino e zia di suo figlio Marco, alla guida delle rispettive imprese, e del marito Paolo Burgato, uccisi il 19 agosto, nella loro villa, in via Annia 12. I commercialisti dello studio Del Piero-Sirch hanno definito la decisione dei giudici un’occasione persa per la tenuta economica dell’intero territorio. La seconda sezione civile della Corte d’appello ha ritenuto il reclamo avanzato dai ricorrenti «infondato». Alla base dell’appello, la doglianza sulla mancata concessione di un rinvio dell’udienza prefallimentare. Gli avvocati Stefano Petronio e Maurizio Consoli avevano lamentato la decisione del tribunale di negare al gruppo Sostero la dilazione di poco più di un mese per perfezionare il piano di ristrutturazione dei debiti e ottenere l’omologazione che avrebbe consentito di eliminare l’insolvenza - il passivo è stato calcolato in circa 56 milioni - e di regolare il dissesto con un accordo più favorevole ai creditori - oltre 340, tra clienti, fornitori, dipendenti e banche.

A far saltare la trattativa, dopo la fiducia concessa a maggio dal tribunale all’accordo di ristrutturazione proposto dai consulenti per evitare la dichiarazione di fallimento, era stata l’imprevista marcia indietro della Carifvg, una delle tre banche che, con Friuladria e Banca di Cividale, s’erano dette disponibili a erogare i 2,7 milioni necessari a ultimare i 2 cantieri in corso a Udine e a Lignano. Quel mese di rinvio sarebbe servito a reperire il milione di euro venuto a mancare. A colmare l’impegno finanziario sarebbero stati la Banca di Cividale, con un’ulteriore tranche di 300mila euro, e i preliminaristi, i 34 promissari acquirenti che avevano già versato caparre per un totale di 11,5 milioni per appartamenti e ville tra Lignano, Udine, Codroipo e Ravascletto, e che ora parevano disposti a versare altri 700mila euro. Tutto vano. Per essere tradotta in pratica, l’operazione avrebbe dovuto attendere l’11 settembre, data dell’entrata in vigore del Decreto sulla prededucibilità dei crediti da finanziamento. Negando il rinvio dell’istruttoria, per il gruppo il tribunale avrebbe errato nel bilanciamento tra interessi privati della regolazione concordata della crisi e interssi pubblici della procedura fallimentare. Ma i giudici dell’appello hanno insistito sull’«esigenza di non assecondare condotte dilatorie» e ricordato come la condizione posta da Carifvg, che aveva subordinato l’adesione al rigetto dell’istanza di fallimento del pm, «ponesse un’inversione del senso logico delle questioni». Era stato il procuratore aggiunto Raffaele Tito a sollevare dubbi sulla ripresa del colosso immobiliare, nell’istanza di fallimento presentata al tribunale e nella richiesta di conferma della sentenza di agosto. Contro il reclamo s’erano costituiti anche i curatori fallimentari nominati dal tribunale, Giuliano Bianco e Ivan Jogna Prat.(l.d.f.)

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