L’immobile rosa firmato dai writer per l’atteso addio all’ex Gaslini
TRIESTE Nel bacino “0” sferzato dal vento, mentre gli addetti stanno smontando le tensostrutture della recente iniziativa caffeicola, non c’è molto da vedere. Il Magazzino 30, avvolto da una gentile tonalità fucsia arricchita da qualche writer, giace nella sua pluriennale incuria, circondato da vetri rotti e poco altro. Davanti al “30” sono ormeggiate due unità.
Lasciandosi alle spalle il roseo edificio esteso sul pianterreno, a sinistra si profila sullo stesso Bacino “0” la doppia facciata dei Magazzini 24 e 25, che in passato ospitarono le stalle della Prioglio e che un domani potrebbero ospitare - se i colloqui in corso approderanno a un esito concreto - attività di Fincantieri. Nell’immediatissimo retroterra la Centrale Idrodinamica e l’enorme mole del Magazzino 26, che diventerà Museo del mare. Il Comune sembra aver assunto un orientamento preciso: trasferire il mercato ittico dall’ex Gaslini allo Scalo Legnami, dove è in affitto dell’Autorità portuale, proprio sul sito del Magazzino 30. Un tragitto decisionale lungo che parte da lontano. La sistemazione allo Scalo Legnami era considerata una soluzione tampone poco dopo l’evacuazione dalla vecchia Pescheria, ma, come sovente capita nel nostro Paese, il precario diventa stabile.
La giunta Cosolini, prima della terza Dipiazza, aveva pensato a estrarre l’ittico dall’ex Gaslini e l’ortofrutta da Campo Marzio per concentrarli nell’ex Ingross delle Coop a Valmaura. Nella primavera del 2016 l’amministrazione di centrosinistra era intenzionata a parteciopare all’asta per acquisire il sito di 14 mila metri quadrati, calibrando l’offerta in circa 3 milioni di euro. L’idea rimase sulla carta, perché da lì a poco si votò e l’orientamento del centrodestra apparve subito diverso. Poco dopo l’elezione di Dipiazza l’ex Gaslini salì prepotentemente alla ribalta perchè venne chiuso dall’Azienda sanitaria che aveva sindacato sulle condizioni igieniche della struttura: vennero eseguiti alcuni lavori e fu possibile ripristinarne l’operatività. Però la questione di una stabile collocazione mercatale si sarebbe ancora posta: fin dall’estate ’16 Dipiazza guardò al Porto vecchio, dove la compatibilità di un “fish market” con le previste istituzioni museali lasciava una scia di olfattive perplessità. Quando la prospettiva Porto vecchio sembrava ormai lontana, l’assessore Lorenzo Giorgi azzardò l’ipotesi Canale navigabile, che non ebbe riscontri. La merenda di pesce in Porto vecchio era più allettante. —
MAGR
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