L’imbracatura calata in mezzo al golfo di Trieste per ripulire l’enorme “A” dello yacht
Quasi una realtà virtuale il panfilo russo con i tre alberi alti 90 metri e lo scafo da 142. Le foto scattate a distanza ravvicinata nel nostro viaggio nel golfo
TRIESTE Chi solca le acque del Golfo? Il panorama che si gode dalle Rive o dal molo Audace mostra spesso un ventaglio di sagome galleggianti molto diverse tra loro, che finiscono per punteggiare i selfie dei turisti con la loro presenza innocua e sfocata. Sono parte integrante, irrinunciabile del quadro e contribuiscono ad alimentare l’immaginario cittadino: in fondo, che cosa sarebbe Trieste senza le barche a vela e tutto ciò che è loro connesso?
Ci si può imbattere nella loro bellezza anche durante una passeggiata, mentre riposano ormeggiate una di fianco all’altra. Ma l’effetto che si crea in mezzo al mare è completamente diverso: è come se le navi e le barche che affollano il golfo di Trieste si trovassero a casa loro, potendo dispiegare a pieno il loro potenziale. Così, agendo con discrezione, si può cercare di avvicinarsi, per guardarle muoversi nel loro territorio naturale.
Barca a vela vuol dire tutto e niente. Vi sono quelle utilizzate dalle scuole sportive, i piccoli natanti e via a salire, fino ad arrivare ai mezzi di lusso. Nel Golfo si incontrano tutte queste categorie, con frequenza ovviamente diversa. Ciascuna varrebbe la pena di essere descritta fin nella più piccola particolarità, ciascuna ha la sua storia e il carico di ricordi che reca con sé. Da questo punto di vista, ogni uscita in mare può diventare un’occasione per arricchire il repertorio di un nuovo modello.
Da due anni a questa parte, c’è però una sorta di centro gravitazionale del golfo di Trieste in cui convergono tutti gli sguardi (inseguiti da una buona dose di polemiche). D’altronde, è difficile ignorare la sua stazza, visto che i tre alberi dello Sailing Yacht A sono alti 90 metri e il suo scafo 142.
Il panfilo sottoposto a provvedimento di congelamento amministrativo, e la cui proprietà viene fatta risalire al russo Andrey Melnichenko, ha attraversato tutto lo spettro dei sentimenti: dalla rabbia (per le spese di mantenimento a carico dello Stato italiano) allo stupore (per il suo indiscutibile fascino) toccando perfino la nostalgia (qualcuno si è ormai affezionato e ne ha lamentato l’assenza durante l’ultima trasferta a Venezia per fare rifornimento).
Cosa accade quando lo si guarda da vicino? Non solo si distinguono le sfumature che in molti si sono affrettati da subito a cercare su internet, come gli oblò o le piscine a bordo. Quelle stesse sfumature esigono una pulizia e cura costante, che corrispondono a una mole di impegno non indifferente né in termini economici né di forza lavoro.
Così capita di osservare un addetto che si cala con apposita imbracatura per ripulire la lettera cubitale “A” posta a poppa del panfilo, con grande meticolosità. Una delle tante operazioni che garantistico allo Sailing Yacht A di mantenere alta la sua fama internazionale: presto, da quanto trapela, sarà interessato da una manutenzione più ampia, che ne rispolvererà nuovamente gli spazi interni ed esterni.
Barche a vela, yacht di lusso. Ma a far da padrone nel golfo di Trieste sono anche le navi da carico e le petroliere. Di certo queste ultime sono esteticamente meno interessanti, eppure testimoniano una verità insindacabile: che in mare ci si muove anche per scopi economici e produttivi, non soltanto edonistici. E poi come non citare il Delfino Verde, le navi da crociera, i motoscafi... Il Golfo è una città virtuale, con le sue logiche, i suoi abitanti e i suoi segreti.
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