L’imam di Trieste: noi musulmani sul fronte insieme a voi
TRIESTE. «I governi europei si rivolgano alle comunità islamiche perché sorveglino al loro interno, per evitare il ripetersi di atti simili. E l'Europa faccia delle scelte forti per fermare i focolai di tensione che infiammano i suoi confini, in Siria e Libia».
Nader Akkad, imam della comunità islamica di Trieste, si è ritrovato negli ultimi mesi più volte a rappresentare la voce della sua fede in Italia. Al funerale di Valeria Solesin, morta nell'attentato al Bataclan, ha espresso il dolore e lo sdegno delle comunità islamiche verso quegli attacchi. Dopo le nuove stragi a Bruxelles, Akkad torna a chiedere un impegno collettivo per far fronte alla minaccia del terrorismo: «Un fenomeno criminale che usa la religione ma che va contro i principi dell'Islam». Dichiara Akkad: «Il nostro primo pensiero va verso le anime dei nostri concittadini europei che abbiamo perso in questo attacco vile e criminale. E alle famiglie delle vittime in questo momento di dolore».
L'imam racconta il modo in cui la comunità di cui fa parte vive il tragico ripetersi di questi eventi: «Sentiamo l'urgenza di proteggere l'Europa, l'Italia, i loro abitanti. Ogni volta che si verificano fatti così terribili siamo terribilmente preoccupati». Per i musulmani che vivono nel nostro continente, aggiunge, l'effetto del terrorismo è duplice: «Da un lato anche noi, come tutti gli altri, rischiamo di esserne vittima. È troppo presto per saperlo di Bruxelles, ma non ci sarebbe niente di strano se, come a Parigi, tra le vittime ci fossero anche persone di fede islamica». L'altra conseguenza è il contraccolpo sulla società in cui sono inseriti: «Attacchi vili come questi generano reazioni di malcontento generale, che vanno dalla sensibilità delle persone che incontri per strada a titoli terribili sui giornali. I musulmani in Europa cercano l'integrazione, il vivere insieme, e i crimini dei terroristi danneggiano anche noi».
Come fermare la spirale del terrore? Per l'esponente dell'Islam triestino ci sono diverse azioni da intraprendere. La prima: «Le comunità islamiche rifiutano e condannano questi criminali. Ma non solo: sono disponibili a sorvegliare al loro interno e a collaborare con le istituzioni per la sicurezza di tutti. L'Europa deve prenderlo in considerazione». Il problema si colloca poi in una cornice geopolitica molto più ampia: «Ai bordi del nostro continente ci sono guerre in Siria e Libia, poco più lontano in Yemen. Di fronte a questi conflitti l'Ue non può restare a guardare, deve agire e non solo reagire». Secondo Akkad l'Unione «dovrebbe assumere posizioni importanti per tener fede ai valori europei: quelle guerre devono finire». Ciò aprirebbe la strada anche alla possibilità di un Medio oriente diverso: «Ricordiamo che con l'esplodere delle Primavere nei vari paesi il popolo arabo aveva chiesto democrazia e libertà. Nel 2011 il radicalismo era in una fase di riflusso, le organizzazioni criminali terroriste non avevano lo spazio per agire perché il popolo stesso aveva preso in mano le cose». Poi la situazione «è degenerata»: «Nei paesi che avevano scelto una via democratica ci sono stati dei golpe, le manifestazioni di piazza per la libertà sono state schiacciate, in Siria e Libia è iniziata una guerra infinita. Sono situazioni che possono degenerare ancora se non si farà qualcosa per porvi rimedio».
Da qui l'appello dell'imam all'Europa «perché non abbandoni i popoli che vivono ai suoi bordi», tracciando una differenza fra il terrorismo e fenomeni che da esso sono slegati, come quello dei profughi: «Bisogna risolvere i problemi umanitari. Anche dopo attacchi come questi io spero che non ci siano contraccolpi negli aiuti ai rifugiati, che non vengano chiusi i confini. L'unico modo per far finire tutto questo è risolvere le tensioni che agitano l'area del Mediterraneo».
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