Lilli: «Una tempesta perfetta affonda l’oro nero. La Siot tiene grazie all’industria tedesca»

Parla il general manager di Tal e presidente della società che gestisce l’Oleodotto Transalpino di Trieste 

TRIESTE Il petrolio andò sotto zero l’ultima volta durante la Grande Depressione. Per capire la portata storica della quotazione del petrolio Wti di maggio che oggi vale meno di zero a 37,63 dollari. Si tratta di una caduta mai vista dal 1983, quando sono iniziate le rilevazioni. Un tonfo che mostra come i tagli alla produzione decisi dall'Opec+ non sono adeguati perché non riescono a tenere il passo con il crollo della domanda. Cosa sta accadendo? Lo abbiamo chiesto ad Alessio Lilli, presidente della Siot, il terminal petrolifero del porto di Trieste, e general manager di Tal (Società italiana per l’oleodotto transalpino) che lo scorso anno ha visto l’arrivo della nave numero ventimila.

Alessio Lilli, il petrolio non è più l’oro nero?

Si è verificato un fenomeno epocale circoscritto per ora al crollo delle quotazioni del Wti di maggio. Una caduta legata al declino delle capacità di stoccaggio disponibile negli Usa ma soprattutto alla drammatica emergenza globale a causa della pandemia da coronavirus. Il mondo si è fermato e il petrolio è andato in picchiata.

Qualche segnale c’era stato ma non di questa portata..

L’America stava riconquistando la posizione di primo produttore mondiale di greggio con i suoi impianti di trivellazione. Poi questa brusca inversione di rotta che penalizza soprattutto i produttori Usa. Già lo scorso anno si erano registrati un costo del petrolio in oscillazione tra i 60 e 65 dollari al barile e un ribasso del 20% in agosto. Dopo il mancato accordo sul taglio dei barili c’è stata la dura reazione dell’Arabia saudita che ha fatto crollare i prezzi. La Russia ha accettato questo braccio di ferro, ben sapendo che il crollo del prezzo del greggio non avrebbe avuto conseguenze sul suo bilancio statale.

Poi il crollo..

Una tempesta perfetta che nasce dalle nuove tensioni nell’Opec e dal crollo della richiesta di energia nel mondo a causa dell’emergenza coronavirus che sta paralizzato l’economia mondiale.

Quale sarà l’impatto sui consumi mondiali?

La caduta dei commerci mondiali provocata dall’epidemia di coronavirus crea un problema grave di smaltimento del greggio. Non credo però che ci sarà un impatto sul prezzo al consumo della benzina sul quale incidono molto accise, addizionali e costi della logistica.

Quali sono allora i vantaggi del petrolio sotto zero?

Il petrolio a zero rappresenta un indubbio vantaggio competitivo per l’industria energetica soprattutto quando finita l’emergenza pandemica si riuscirà a ripartire. Si vedrà chi riuscirà a rientrare presto in produzione pur mantenendo prezzi così bassi. In futuro però si potrebbe verificare un rimbalzo molto rapido dei prezzi che penalizzerebbe i costi di produzione. Di fatto questo crollo è stato causato dalla caduta dei consumi ma c’è stata anche una componente speculativa sul settore oil.

Storicamente il petrolio ha sempre orientato la geopolitica mondiale. É ancora così?

Rispetto ai petrodollari degli Settanta, oggi sono entrati in scena nuovi protagonisti come la Cina e il Nord Africa. I prezzi risaliranno ma dubito che si tornerà ai 50 dollari al barile di inizio marzo specie se in futuro entreranno in scena altri produttori come Iran e Libia.

Siamo alla fine del petrolio?

Il petrolio a zero potrebbe provocare un temporaneo cambiamento del paradigma energetico mondiale. Paradossalmente credo che per qualche tempo ci sarà un rilancio del petrolio rispetto all’utilizzo delle fonti alternative. Ad esempio l’utilizzo dei pannelli solari e delle energie rinnovabili potrebbe tornare a essere poco conveniente. E si aprirebbe un ragionamento anche sulla produzione delle auto elettriche.

Cosa insegna il dramma della pandemia?

Globalizzazione e delocalizzazioni selvaggie nei momenti di grande crisi come una pandemia portano al collasso rapido di un sistema produttivo. Dobbiamo essere capaci di imparare la lezione.

Come sta vivendo la Siot la paralisi economica?

L’operatività dell’oleodotto non si è mai interrotta. Abbiamo il vantaggio di essere un cliente importante di tre Paesi che sono anche tre grandi produttori come Austria, Germania e Repubblica Ceca le cui economie hanno sofferto la crisi in modo differenziato. Siamo fortunati grazie a questa rete di protezione. L’industria tedesca tiene. Le raffinerie non si sono mai fermate e non abbiamo registrato un calo importante della domanda da parte dei nostri grandi clienti. Anche perchè non facciamo attività commerciale di stoccaggio.

Previsioni?

A fine anno stimiamo un afflusso inferiore di petroliere intorno alle 400(rispetto alle 465 del 2019). Prevediamo un leggero calo delle tonnellate di greggio trasportate rispetto ai 41,2 milioni dello scorso anno. Ma nel complesso subiremo un impatto inferiore a quello delle grandi realtà manifatturiere della regione.

A quali condizioni dovrà avvenire la ripresa produttiva in Italia?

Al primo posto ci deve essere la sicurezza e la salute. Non è etico privilegiare il business. Dobbiamo definire i giusti comportamenti e seguire scrupolosamente le regole.

Come valuta la risposta del Paese?

Credo che in Italia ci sia stata la dovuta attenzione e prudenza nel contenere il contagio. In Confindustria Alto Adriatico abbiamo avuto un confronto importante per prevenire ogni rischio nelle aziende. Per fare un esempio la Siot deve essere costantemente presidiata e dobbiamo seguire comportamenti molto prudenziali. —


 

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