Liliana Resinovich è scomparsa due anni fa a Trieste: ecco come continuano le indagini
TRIESTE Due anni di misteri, di ipotesi, di indagini che ancora non restituiscono la verità sulla morte di Liliana Resinovich.
Le ultime immagini della 63enne, da viva, erano state fornite dalle telecamere della Scuola di Polizia di San Giovanni, mentre poco prima delle 8.30 del 14 dicembre 2021 procedeva spedita lungo via Damiano Chiesa. Poi il buio.
Il ritrovamento del corpo senza vita
Fino al 5 gennaio dello scorso anno, quando venne trovata cadavere nel parco di San Giovanni. Quel giorno pioveva. Intorno alle 16.10 personale dei Vigili del fuoco aveva scorto il corpo, infilato in due sacchi neri, con due sacchetti di nylon sistemati sulla testa e tenuti saldi da un cordino.
Liliana era adagiata «a terra, dietro ad una rete a maglie che di fatto delimita solo parzialmente una piccola area tra la vegetazione», si legge nella relazione di servizio redatta dalla Polizia che con la Squadra mobile ha condotto le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Maddalena Chergia.
Un punto di quel parco, quindi, diverso da quello diventato simbolo del ritrovamento di Liliana e delimitato per mesi dai nastri dei Vigili del fuoco.
Il video inedito sul ritrovamento diffuso da "Chi l'ha visto?"
Proprio ieri la trasmissione “Chi l'ha visto?”, in onda su Raitre, ha diffuso video inedito che documenta le prime fasi di indagine dopo il ritrovamento del cadavere di Liliana Resinovich.
Nel video gli operatori procedono all'identificazione della salma.
In particolare, cercano dettagli, come un orologio rosa al polso o il ciuffo biondo tra i capelli, che riportino a Liliana Resinovich; più volte ribadiscono l'assenza di odore riconducibile al cadavere.
Durante il programma televisivo, sono stati sollevati dubbi sulle procedure adottate per l'ispezione, come ad esempio la mancanza di indumenti idonei o la decisione di girare il corpo della donna per procedere con il riconoscimento. Perplessità anche sul fatto che sia stata spostata la testa.
Nessun iscritto nel registro degli indagati: suicidio presunto
Da quel momento, negli atti della prima parte dell’indagine, che ad oggi non vede nessun iscritto sul registro degli indagati, il termine “scomparsa” lascia il passo a quello di “suicidio presunto”.
La vita di Liliana e quella del marito Sebastiano Visintin vengono scandagliate. Le figure coinvolte a vario titolo in questo triste caso di cronaca – senza alcun dubbio il più seguito dai triestini negli ultimi decenni – hanno dato vita a uno “spettacolo”, fatto di scambi di accuse, comparsate televisive, al quale in molti si sarebbero volentieri sottratti, per prima la stessa Liliana:
Lo sfogo del marito Sebastiano
«Sono stato trattato da molti come un assassino, e mio figlio come mio complice. Ho perso amici e clienti, che mi hanno invitato a non presentarmi più nel loro negozio, e nessuno ha rispettato il mio dolore».
La richiesta di archiviazione
Nel febbraio scorso la Procura di Trieste, convinta dalle indagini che si tratti di un suicidio, aveva chiesto di archiviare il caso.
Omicidio volontario
Il 3 giugno scorso, il gip Luigi Dainotti, disponendo l’iscrizione a carico di ignoti per il reato di omicidio volontario e non più il sequestro di persona, aveva deciso invece di non chiudere il caso, indicando 25 punti da approfondire e fissando il termine – indicativo vista la complessità degli accertamenti – di sei messi per lo svolgimento delle indagini.
A questo punto, è evidente sia già stata concessa una proroga. Molte aspettative sono riposte nella super perizia medico-legale che la Procura ha affidato all’antropologa forense Cristina Cattaneo, nella speranza riesca a dare una risposta certa quantomeno sulla data del decesso.
La richiesta di riesumare il corpo di Liliana
Una decina di giorni fa l’ex capo dei Ris Luciano Garofalo, consulente del marito di Liliana, aveva anticipato la decisione della Cattaneo di chiedere la riesumazione del cadavere. A ieri, la richiesta non era ancora pervenuta alla Procura, ma è possibile venga formulata a breve.
Un nuovo esame autoptico sul corpo dovrebbe servire a stimare la data della morte, attraverso il prelievo del midollo osseo e una valutazione quindi della cellularità. Un tentativo estremo, visto che sono passati due anni dalla morte, per non lasciare nulla di intentato.
La verità sospesa
Liliana Resinovich assieme al marito Sebastiano Visintin
Per valutare invece se il corpo sia stato sottoposto a processi di congelamento, verranno effettuati – come suggerito dai medici legali Vittorio Fineschi e Stefano D’Errico, i professionisti ai quali il fratello e la nipote di Liliana hanno affidato la perizia medico legale utile a presentare opposizione alla richiesta di archiviazione fatta dalla Procura – degli accertamenti di immunoistochimica, attraverso delle reazioni anticorpali su alcuni prelievi che erano già stati effettuati dal medico legale Fulvio Costantinides.
«Dopo la riesumazione e gli ultimi accertamenti – conclude Visintin – mi aspetto la verità e il nullaosta per cremare il corpo di mia moglie. Nel 2015, mentre ero ricoverato per delle complicanze cardiologiche, insieme abbiamo affrontato il tema della morte. Liliana mi aveva detto chiaramente: “Voglio essere cremata e non voglio che nessuno venga a pregare sulle mia tomba”. Quindi – conclude –, mi aspetto venga rispettata la sua volontà».
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