Libretti Coop “bruciati”, prime cause alla Regione Fvg

Soci pronti all’azione di responsabilità civile contro l’ente «che non ha vigilato». Nel caso si accodassero tutti i 15mila creditori, ballerebbero almeno 20 milioni
Un carrello delle "vecchie" Coop operaie
Un carrello delle "vecchie" Coop operaie

TRIESTE E chi lo dice che il titolare di un libretto Coop debba accontentarsi alla fine di riavere grosso modo l’80% dei suoi vecchi risparmi? Chi lo dice, ammesso poi che nel giro di un anno il rientro definitivo prospettato dal piano di concordato del commissario Maurizio Consoli, fissato per la precisione a quota 81,38% a fronte del 60% e spicci recuperati al momento, venga pienamente rispettato? L’avvocato Mario Reiner, che ha preparato la prima causa civile per danni contro la Regione per omessa vigilanza sui conti delle Coop operaie su mandato dei due prestatori “pilota” Franco Tauceri e Massimo Ambrosi, causa per inciso già firmata a ruota da un manipolo di altri “incazzati”, presume che a farsi una simile domanda, alla lunga, possano essere in tanti: «Suppongo che un’azione del genere possa interessare un gran numero di soggetti. Diverse decine, qualche centinaio, forse».

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La platea “potenziale” di questa specie impropria di “class action”, d’altronde, è sconfinata, dato che i soci coinvolti nel blocco dei libretti sono più o meno 15mila. E se per pura teoria tutti ma proprio tutti decidessero d’accodarsi, promuovendo altrettante cause individuali, la Regione sarebbe chiamata a rispondere per complessivi 20 milioni. Almeno. Il conto è presto fatto, se ci si basa semplicemente su quella che è la richiesta espressa in coda all’atto di citazione “fotocopia” appena costruito dall’avvocato Reiner per i suoi assistiti: i soldi reclamati sono la differenza tra quanto recuperato con il concordato e la cifra che ciascun prestatore risultava aver depositato al 17 ottobre 2014, giorno in cui il Tribunale commissariò gli amministratori delle Operaie su istanza della Procura e tutti i libretti furono congelati. Posto che il monte-risparmi di quei libretti ammontava a cento milioni abbondanti, e che il possibile rientro definitivo previsto dal concordato è di poco superiore all’80%, se per ipotesi la Regione venisse dunque condannata a risarcire tutti i prestatori dovrebbe scucire suppergiù una ventina di milioni. O anche di più, qualora il realizzo finale del concordato fosse inferiore alle attese.

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I soci Coop al Savoia (Silvano)

Scenari futuri a parte, se ci si ancora per intanto ai dati di fatto, siamo all’alba di una clamorosa chiamata in causa di “mamma” Regione. Non è dato sapere al partito della malizia se la coincidenza di tale novità con la campagna elettorale in corso sia puramente casuale. Quel che si può comunque concedere al partito della buona fede è che il bubbone che sta scoppiando solo adesso era purulento da un pezzo. L’atto di citazione - che per ora giace nello studio Reiner e attende di essere presentato in Tribunale non prima di un mese, a chiamata alle urne probabilmente fatta e finita, quando il numero dei sottoscrittori si sarà ingrossato - non è peraltro una dichiarazione di guerra contro la sola amministrazione regionale di centrosinistra in carica, ma chiama in causa pure quella precedente di centrodestra e prima ancora l’amministrazione Illy, se è vero che le prime interrogazioni in Consiglio regionale, allora a firma del verde Alessandro Metz, sui sintomi della crisi di bialncio e sul progressivo assottigliamento delle riserve patrimoniali delle Coop operaie, è datato 2007. Le censure mosse nell’ato di citazione all’istituzione convergono sulla presunta mancata osservanza della legge regionale 27 del 2007 (e delle sue successive modifiche) in materia di «vigilanza del comparto cooperativo», in particolare là dove viene prescritto che «le revisioni straordinarie» di una cooperativa, deliberabili dalla giunta regionale «ogni qualvolta se ne ravvisi l’opportunità», devono accertare tra le altre cose «il regolare funzionamento amministrativo-contabile dell’ente, la consistenza patrimoniale e lo stato delle attività e passività».

L’atto di citazione non si spiega allora come dal 2012 (l’anno di una perizia straordinaria affidata dall’allora assessore regionale alla cooperazione di Tondo Roberto Molinaro al revisore Lorella Torchio, in seguito alla quale il direttore del Servizio cooperazione di quel tempo Antonio Feruglio suggerì come «indispensabile» un «conferimento ad altro revisore di un nuovo incarico» ritenendo «il rilascio del certificato di revisione» chiesto da Torchio «non possibile e legittimo allo stato degli atti») la Regione non abbia mai commissariato le Operaie, lasciando che a farlo fosse il potere giudiziario appena nel 2014. E alle posizioni espresse a più riprese dall’attuale assessore alla cooperazione di Serracchiani, il vicepresidente Sergio Bolzonello, a proposito della competenza della Regione limitata più che altro al controllo della mutualità (cioè alla verifica che una cooperativa faccia la cooperativa) con altre responsabilità in capo alle associazioni di settore (al secolo la “rossa” LegaCoop e le “bianche” Confcooperative), l’atto di citazione rinfaccia la sentenza della Cassazione che nel 2013 condannò il ministero del Lavoro a risarcire i soci che avevano fatto causa alla Cooperativa finanziaria Cofiri di Tarquinia per omessa vigilanza a monte del suo fallimento. La proiezione Stato-Regione, per il caso Operaie, deriva dalla specialità del Friuli Venezia Giulia, cui sono devolute appunto determinate competenze. «Checché ne dicano i politici ho fiducia in questa causa, la legge è chiara e la Regione avrebbe dovuto farsi garante di questa situazione, il sottrarsi dalle responsabilità da parte delle istituzioni non è accettabile», osserva Franco Tauceri, l’apripista, che ricorda che «la mia anziana mamma rimase molto colpita quando i libretti furono bloccati, e io dovetti arrivare al punto di mentirle per non farla soffrire». «Mia madre l’anno scorso è morta piangendo sui suoi risparmi andati a farsi benedire», gli fa eco il secondo firmatario, Massimo Ambrosi: «Da allora mi sbatto per capirci meglio. E sento ancora tante, troppe “ciacole”...».

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