Liberazione, il pugno alzato di Bullian scatena il caos

Il gesto del sindaco di Turriaco: polemica del centrodestra monfalconese. Riti nel silenzio
La foto di Enrico Bullian col pugno alzato
La foto di Enrico Bullian col pugno alzato

TURRIACO Il pugno chiuso levato al cielo, di fianco alla corona d’alloro infiocchettata dal tricolore, nel giorno del 75° anniversario della Liberazione accende di polemiche una giornata che al mattino era trascorsa nella Bisiacaria placidamente, con cerimonie ristrette per via dell’emergenza sanitaria, ma scandite da momenti di unità e dalla deposizione di un fiore ai cippi anche da parte di semplici cittadini. Il pugno da “compagno” è del sindaco di Turriaco Enrico Bullian, intervenuto al monumento lì innalzato in memoria di tutti i caduti nelle guerre. Ma è lo scatto postato sul suo profilo social che, nel pomeriggio, scatena una sfilza di reazioni. Soprattutto contro, ma anche pro.



La prima a scrivere è Anna Cisint, sindaco di Monfalcone, che con l’assessore Massimo Asquini (secondo intervenuto) era già finita sulla graticola, sempre per via di contestati commenti facebook sul tema, della serie chi di social ferisce, di social perisce: «L’inquietante immagine con il volto coperto (in realtà solo dalla mascherina, ndr) e il pugno alzato ricorda tempi cupi ed è l’emblema di un 25 aprile che trasuda la nostalgia dell’odio di classe e di maschere che la storia ha già condannato e che non vorremo più vedere». «A lui e ai suoi emuli – sempre Cisint – dedico una frase d’un libro della grande scrittrice americana Harper Lee: “Cerca di batterti con il cervello e non con il pugno una volta tanto…”. E, caro amico, ricorda in un giorno come questo la volontà di sopraffazione comunista che voleva usare la liberazione per abbandonare la nostra città al regime titino, che tanti soprusi ci ha lasciato nei 40 giorni di occupazione».

Quindi Massimo Asquini, segretario Lega a Monfalcone: «A differenza del resto d’Italia qui i partigiani si sono uniti ai titini e per 40 giorni hanno occupato le nostre terre: non volevano l’Italia, bensì la Jugoslavia. E sappiamo, più tardi, cos’è accaduto nei campi di rieducazione ai nostalgici italiani». Il salviniano rincara: «Lo hanno ripetuto a me, tante volte, che nel ruolo istituzionale si rappresentano tutti i cittadini e invece i primi a cadere sono proprio loro, a sinistra. Il gesto è stato compiuto per giunta non da un semplice assessore, bensì dal sindaco, il numero uno del paese. Come sempre si predica bene e si razzola male».

A onor del vero ieri il 36enne primo cittadino turriachese Bullian, radici in Rifondazione comunista, si è giustificato chiarendo come il gesto fosse in realtà rivolto alla sua parte politica, tant’è che a sinistra, sempre sulle bacheche virtuali, l’immagine è stata assunta a emblema della Resistenza. Vedi le parole del sindacalista Luca Sterle: «Solidarietà per gli attacchi alla sua persona e per aver fatto un gesto di “lesa maestà”. Si ricordino, i benpensanti di destra, ma purtroppo anche qualcuno di sinistra, che pure i comunisti hanno aiutato a liberare l’Italia dalla tirannide nazifascista e che, al netto della grave situazione odierna dovuta al virus, il 25 aprile è e sarà sempre la Festa della Liberazione e della vittoria della democrazia sulla dittatura».

Così invece Sebastiano Callari, assessore regionale alla Funzione pubblica, sempre Lega: «Finché un sindaco che dovrebbe rappresentare tutta la sua comunità, davanti a un monumento ai caduti, si presenterà in perfetto stile Che Guevara, il 25 aprile continuerà a essere una festa divisiva e non solo per colpa di chi ha la svastica nel cervello». –

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