Libera, collaborativa, aperta: è la ricerca

Elena Cattaneo, farmacologa, biologa, accademica e senatrice a vita, è attesa a Trieste a Esof2020. Interverrà nel nuovo Centro congressi di Porto vecchio venerdì alle 16.15
Elena Cattaneo, farmacologa, biologa, accademica e senatrice a vita, è attesa a Trieste a Esof2020. Interverrà nel nuovo Centro congressi di Porto vecchio venerdì alle 16.15

Libera, aperta al mondo, collaborativa, per tutti: è la ricerca, in ogni campo. Se non fosse libera non potrebbe esplorare tutte le strade necessarie e tracciare nuovi orizzonti di cura, di conoscenza, di comunicazione, di contatto. Se non fosse aperta non avrebbe l’occasione di conoscere il mondo e le sue istanze e di elaborare strategie utili alla società. Se non fosse collaborativa rischierebbe di perdere le idee che nascono dal confronto e dalla conoscenza reciproca. Se, infine, non fosse per tutti non sarebbe scienza.

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Silvano Trieste 2020-09-01 ESOF ultimi ritocchi prima dell'apertura


Il nostro compito

Ma basta raccontare ai cittadini solo della bellezza della scienza? Potremo dire di aver esaurito così il nostro compito? E come conciliare questo “eden” con tutta la fatica, le contraddizioni, gli inciampi che il mondo sta osservando a cuore aperto, mai come in passato, e che pure fanno parte della scienza, oggi costretta dalla sfida al Covid-19 a studiare “sotto i riflettori” e condividere affannosamente la conoscenza nel suo farsi?

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L'imperativo degli addetti ai lavori

L’unica risposta che so darmi è che l’imperativo del ricercatore, dello scienziato, di chi a qualunque titolo di scienza si occupi professionalmente o per passione, sia oggi quello di fornire ai cittadini gli strumenti per comprendere la scienza come metodo: come processo conoscitivo complesso, fallibile, contraddittorio, fondato su continui silenziosi fallimenti, ma proprio per questo idoneo, alla fine del suo percorso, a consegnare prove verificabili in grado di non essere degradate a opinioni. Solo così si può sottrarre spazio all’ignoto, evitando l’illusione che le risposte alle nostre incertezze si possano trovare nella pericolosa superstizione. Si scrive “scienza”, ma oggi più che mai si deve leggere “metodo scientifico”.

La paura dell’ignoto è un tratto che accompagna la nostra specie da sempre, fin dalle origini, ed è quello che ci ha permesso di sopravvivere per millenni alle insidie mortali di una natura tutt’altro che benigna; eppure, il miglioramento progressivo delle nostre condizioni di vita è stato possibile solo perché abbiamo imparato a superare quella paura per abbracciare con entusiasmo le scoperte e le innovazioni che siamo stati in grado, nei secoli, di produrre.

Il metodo scientifico applicato allo studio di tutti i fenomeni del reale è, a mio avviso, la chiave per rompere l’ “inclinazione naturale” – spesso alimentata ad arte da chi la usa come facile strumento di consenso – che ci tiene prigionieri delle nostre paure, insegnandoci che non esistono il “rischio zero” o l’ “errore zero”, ma che tutto si può arrivare a conoscere e ad affrontare trovando ed esaminando dati e prove, rendendoli pubblici, visibili, verificabili, ripetibili.

Nulla può sfuggire se questo è il metodo, nemmeno gli errori, che, una volta accertati, potranno essere corretti. E che saranno comunque sempre infinitamente inferiori ai giganteschi passi fatti in avanti.

Gli strumenti per comprendere

Quando tutti avremo gli strumenti per comprendere il metodo della scienza, non esisterà più il timore che gli scienziati siano incompresi, biasimati o idolatrati a seconda delle opportunità, dell’umore. Per essere riconosciuti per l’impresa conoscitiva che quotidianamente portiamo avanti, l’imperativo categorico, oggi, è raccontarsi per quel che si è: donne e uomini al servizio di un metodo implacabile utile a conoscere la realtà e a renderla migliore per tutti. –

*docente all’Università Statale di Milano e senatrice a vita
 

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