L’Expo di Milano sceglie il caffé Illy
INVIATO A MILANO. Un espresso Illy per l’Expo 2015. L’esposizione universale in cantiere a Milano (“Nutrire il pianeta, energia per la vita”) avrà un forte sapore al caffè triestino. illycaffè avrà la regia di uno spazio espositivo specifico con mostre, eventi e tutto ciò che appartiene alla cultura del caffè integrata nel dna dell’azienda guidata da Andrea Illy. Un riconoscimento non da poco che il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha riassunto ieri nella capacità di illycaffè di coniugare assieme temi economici, culturali e artistici «che non sempre nel nostro Paese viaggiano assieme». La scelta di illy come partner ufficiale dell’Expo può valorizzare al massimo, come ha osservato anche l’ad dell’Esposizione universale 2015 Giuseppe Sala, le potenzialità della cultura dell’espresso per farne uno dei simboli del Made in Italy post-recessione.
«L’Italia vuole dire espresso, l’espresso significa Illy e Illy vuole dire Trieste. Siamo stati noi a portare nel mondo la cultura di questo elisir inventato da mio nonno e la sua formula si usa ancora oggi.
L’Italia oggi ha la più elevata eredità storica di caffè come luogo di scambio, di promozione della cultura e di eccellenza», spiega il numero uno dell’azienda triestina. E ieri è stato anche annunciato che avrà sede a Trieste il Segretariato generale di tutti i Paesi produttori (una decina) che faranno parte del padiglione (Cluster) della Illy all’Expo.
L’azienda triestina da molti anni ormai si muove promuovendo la cultura del caffè all’insegna del multiculturalismo: «La nostra università del caffè è presente in 25 sedi in tutto il mondo. Dal 2002 abbiamo avviato un progetto con il grande Sebastiao Salgado “fotografo umanista” che all’Expo 2015 sarà il protagonista della più grande mostra mai realizzata al mondo sul mercato del caffè e sulla sua produzione”.
Il sindaco di Milano Pisapia si compiace di raccontare che questa parte della esposizione universale targata Illy in fondo evoca nel nome una istituzione storica molto meneghina come fu la rivista il Caffè di Pietro Verri: «Nel padiglione sul caffè accoglieremo produttori provenienti da molte aree del sottosviluppo che hanno molto da insegnarci sul tema dell’alimentazione».
Aspetto sensibile dell’attività di divulgazione e promozione che appartiene al dna cosmopolita della Illy: «La nostra è una cultura che nasce a Venezia e Vienna nella metà del Seicento e condensa assieme le radici triestine e quelle mitteleuropee. L’Expo sarà una occasione irripetibile per fare conoscere la cultura del caffè d’eccellenza a un pubblico internazionale. E’ il progetto più importante che abbiamo mai realizzato. Per questo motivo abbiamo intenzione di chiedere a tutto il sistema del caffè triestino di venire con noi in trasferta all’Expo 2015», dice Andrea Illy. Significa in sostanza che Illy chiederà al presidente della Camera di commercio Paoletti di far slittare di un anno la rassegna Trieste Espresso prevista nel 2014 per portarla in trasferta a Milano.
L’impatto di questa nuova avventura all’Expo 2015 per il caffè triestino può essere rilevante: oggi è un mercato che vale un giro d’affari di circa 500 milioni l’anno con illycaffé che ne rappresenta da sola i due terzi. L’azienda triestina metterà in mostra all’Expo meneghina tutte le conoscenze maturate nei suoi 80 anni di storia: le relazioni con i Paesi coltivatori, lo sviluppo sostenibile, la capacità di creare eventi culturali e artistici. Sarà la più lunga manifestazione mai dedicata al caffè con incontri, degustazioni, intrattenimento, serate omaggio ai Paesi simbolo della produzione del chicco nero nel mondo. Tutti gli allestimenti saranno in materiale eco-sostenibile e l’Expo 2015 sarà parte del programma di sviluppo dell’Ico (International Coffee Organization) guidata dallo stesso Illy.
Intanto l’intricato scenario politico preoccupa soprattutto gli imprenditori del Made in Italy. E lo stesso Andrea Illy, numero uno di un’azienda con una forte visibilità internazionale, osserva costernato il balletto post-elettorale, definendo l’esito delle urne «un atto di irresponsabilità collettiva. Non si poteva trovare, in sostanza, modo migliore per gettare il Paese nell’ingovernabilità».
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