L’ex vicepremier croato agente segreto di Tito
ZAGABRIA. È arrivato l’autunno anche per il più famoso “patriarca” dell’Accadizeta, il partito che attualmente guida la coalizione di governo in Croazia? Secondo il quotidiano di Zagabria Jutarnji List sì, in quanto il suo nome appare come un ex collaboratore dell’Udba, la polizia segreta di Tito. E per Vladimir Šeks, nato a Osijek 74 anni fa, sono iniziati i guai.
Ma chi è di preciso “il patriarca”? Negli ultimi 27 anni di storia della Croazia indipendente è stato uno degli uomini chiave anche se non ha mai amato ricoprire incarichi di punta in ambito governativo o istituzionale. Fu lui a scrivere la dichiarazione d’indipendenza della Croazia il 25 giugno del 1991 e fu sempre lui a redigere la dichiarazione di nascita della Croazia come Stato indipendente l’8 di ottobre dello stesso anno.
Se si va a vedere la sua biografia, quando c’era ancora la Jugoslavia, la situazione per lui diventa alquanto imbarazzante, come si legge sullo Jutarnji List. Se si chiede a lui qual era la sua vita vi racconterà che gli era stato vietato di lavorare come avvocato a causa della sua attività politica per la quale ha conosciuto anche il carcere. Il fatto è che ora vengono alla luce i suoi contatti con la temibile Udba. Dai documenti resi pubblici dalla stampa di Zagabria appare come questa collaborazione non fosse il frutto di una costrizione da parte degli 007 di Tito, ma fosse bensì volontaria. Almeno così sta scritto nei dossier di Zlatko Begarić.
Zlatko Begarić era fuggito all’estero al tempo della Jugoslavia e ha fatto ritorno in Croazia al momento della sua indipendenza ma non si è messo in politica, bensì ha cominciato a lavorare sottotraccia diventando in breve il re delle case da gioco. Proprio il suo improvviso successo è stato commentato dall’opinione pubblica come la conferma che nei primi tempi della neonata repubblica croata quelli che hanno tratto i maggiori profitti sono stati gli uomini dei servizi e il crimine organizzato. Bagarić è stato liquidato nel 1998 in circostanze che non sono state mai chiarite, ma la vicenda è subito apparsa come una classica resa dei conti tra mafie.
Il caso Šeks è esploso quando è scoppiata la polemica politica relativa alla necessità di rendere pubblici tutti gli archivi della ex Jugoslavia. E qui le proposte dell’Hdz e di Most (primo partner di coalizione di governo) divergono. Se L’Accadizeta vuole varare una legge in cui si autorizza a rendere pubblici i nomi dei funzionari dell’Udba ma non i dossier relativi ai loro collaboratori, Most chiede una pubblicazione integrale senza “censure”. E qui è iniziato in Croazia l’attacco a Šeks. Šeks che ovviamente nega qualsiasi collaborazione con l’Udba e sostiene che tutte le affermazioni relative sono sbagliate.
L’attacco a Šeks viene letto come un attacco al premier Andrej Plenković (Hdz) visto l’allora forte, fin qui, collaborazione anche se nelle ultime settimane ”il patriarca” stava diventando tropo scomodo per il premier. Al punto che Plenković ha bloccato le nomine dei membri esterni alla Commissione costituzionale del Sabor (Parlamento), per gli analisti un chiaro segnale a Šeks perché la smetta di millantare potere.
Quel potere che lo ha portato ad essere la persona più importante del mondo politico croato. Sempre vicino al vertice del potere, ma mai al vertice, Šeks è stato vicepresidente del governo, pubblico ministero, facente funzioni di presidente dell’Hdz, vicepresidente e presidente del Sabor. In tutto questo tempo è sempre stato considerato come il re della giustizia croata. Senza il suo nulla osta nella magistratura del Paese era impossibile fare carriera o essere promossi. Al punto che l’opposizione ha chiesto che l’Hdz nominasse Šeks alla carica di giudice costituzionale «perché così egli sarebbe stato l’unico giudice costituzionale a non essere stato scelto da Šeks». Ma oggi, anche per il “padrone” della politica croata è giunto il tempo in cui cadono le foglie del potere.
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