L’ex Pescheria riprende dopo 6 anni la scritta “Aquario”
Era stata tolta per i lavori di restauro della facciata del 2011 Ora rientra nel progetto di rilancio del sito da 300mila euro
Lasorte Trieste 11/09/17 - Rive, Acquario
«Dov’è finita la scritta “AQVARIO”? Levata qualche tempo fa, non è stata mai più rimessa. Chiedere senza troppe polemiche che venga subito riposizionata nella sua sede storica, mi pare il minimo che si possa fare. E così ho fatto presentando un’altra mozione». Ad Antonio Lippolis, consigliere della Lega dalla mozione “facile”, non sfugge nulla. Neppure l’originalità della scritta che, alla faccia dell’ortografia “taliana”, non usa il “cq” e preferisce la scollata” v” alla invertita “u”.
La storica scritta al neon dell’Aquario manca ormai da sei anni suella facciata di Santa Maria del Guato (l’ex Pescheria). Fu tolta durante i lavori di restauro della facciata di fine 2011 (all’inizio dell’era Cosolini) e non venne mai più rimessa al suo posto. «Non ero ancora direttore dei musei quando è stata tolta. E da allora ogni sei mesi chiedo che venga ripristinata. Non mi sono mai rassegnato alla sua assenza», racconta l’ex direttore Nicola Bressi, ora curatore ai Cvici musei scientifici di Trieste. «Serve il permesso della Soprintendenza. Ma credo si ottenga facilmente. A noi va benissimo la scritta com’era prima, ovviamente pulita e con la luce a risparmio energetico. Non pensiamo certo di rimettere i vecchi neon blu che erano lì dagli anni ’60», spiega Bressi.
È un problema anche turistico. «I triestini sanno che l’Aquario è a Santa Maria del Guato. Ma per i turisti non è chiaro per niente. Una bella scritta agevolerebbe sicuramente le visite», aggiunge l’ex direttore. In ogni caso la decisione è già stata presa. «Nei 300 mila promessi dall’amministrazione attuale per riammodernare l’Aquario c’è anche il ritorno sulla facciata della scritta. L’ho proposto all’assessore al primo incontro e lui ha preso a cuore la questione», continua Bressi. «Così finalmente la rifacciamo senza la “c”. E nessuno ci verrà dire che abbiamo sbagliato i volantini. Il nostro è un Aquario all’antica, senza la “cq”. Ogni anno ci arrivano una decina di segnalazioni che ci danno degli ignoranti rimproverandoci il grave errore ortografico». Persino all’interno c’è un cartello che spiega l’annosa questione linguistica? «Acquario o Aquario? Acquario deriva dal latino “Aquarium”. Si scrive senza “c” poiché quando è stato inauguro erano ancor in uso dei latinismi». Un dibattito da Accademia della Crusca che si accende ogni volta. «All’età di 10 anni, studente della prima classe alla scuola media del liceo Petrarca, allora situato in viale XX Settembre, ricevetti un brutto voto per un grave errore di ortografia: scrissi in un tema aquario, senza la lettera “c” di acqua. La professoressa di lettere sottolineò l’errore con la matita blu. Io, tuttavia, ripetei semplicemente con la penna quanto avevo avuto occasione di vedere riportato nella grande insegna luminosa posizionata sul frontale del nostro acquario», ricordava il compianto giornalista e storico Bernardino de Hassek.
«Giusto migliorarlo ma la scritta “AQVARIO” fa parte della storia della città», certifica Lippolis. «Rimettiamola subito», ordina il capogruppo della Lista Dipiazza Vincenzo Rescigno. «Il nome è Aquario e quello resta. «A meno che il Consiglio comunale non decida di cambiarlo – racconta l’ex direttore –. L’Aquario nasce negli anni ’30, sotto il fascismo. All’inizio si voleva chiamarlo alla latina Aquarium. Però pareva troppo ostico. Il mio precedessore, il professor Giuseppe Müller, allora direttore, voleva creare un istituto per divulgare la scienza al popolo. È una delle cose che fa dell’Aquario di Trieste una cosa all’avanguardia. Fu Müller che si oppose al nome Aquarium che suonava male. Però non si voleva italianizzarlo completamente. E così si arrivò al compromesso di Aquario. Una mediazione tra l’aulico latino e il popolare italiano. Un unicum nel suo genere». Il civico Aquario marino fu inaugurato il 21 aprile 1933 e da allora mantenne sempre quel nome testimoniato dalla scritta sulla facciata (all’inizio retroilluminata). Comprendeva 25 vasche che circondavano una grande centrale, lunga sette e larga tre metri, con 17mila litri d’acqua di mare. Padre della realizzazione e del nome Aquario fu proprio il professor Müller, già insegnante di scienze al liceo cittadino di lingua tedesca, all’epoca direttore del Museo di Storia naturale che stava in piazza Hortis. Aquario, insomma, non è un refuso e neppure un errore. Almeno a Trieste.
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