L’ex Cortina di Ferro ci ha regalato un parco
TRIESTE. Duemila chilometri di torrette, filo spinato, guardiani. Venticinque anni fa cadeva il Muro di Berlino e, con esso, la Cortina di Ferro. Da allora quella terra di nessuno, in cui l'ostilità fra gli uomini aveva creato una zona libera per l'espandersi della natura, è diventata una cintura di parchi naturali e aree verdi che attraversa tutto il continente dal Mare del Nord all'Adriatico. Lungo questo itinerario si snoda il progetto “Verde Cortina” (www.verdecortina.com), un lungo reportage che il giornalista Matteo Tacconi e il fotografo Ignacio Maria Coccia hanno realizzato in un viaggio da Lubecca a Trieste. Il risultato del loro lavoro è stato pubblicato da Huffington Post Italia e diffuso da Radio radicale e, grazie allo strumento del crowdfounding, sta per diventare un libro.
Tacconi, come nasce Verde Cortina?
«A un quarto di secolo dalla caduta del Muro, dall'affermazione del principio di riunificazione europea, ci pareva interessante fare questo viaggio. È un reportage vecchia maniera, in cui si mescolano storia e cultura. Pur non essendo un lavoro di taglio turistico, abbiamo avuto l'appoggio di due enti turistici, uno tedesco e uno austriaco, e di due aziende private. In effetti abbiamo raccontato luoghi al di fuori dei normali circuiti del turismo».
Come mai questo nome?
«Alla base del progetto c'è un respiro ecologico. La Cortina di Ferro era un'area ad alto tasso di militarizzazione. Ma il confine non corrispondeva ad una semplice linea: c'era una fascia di terra di nessuno che già allora fu popolata da flora e fauna. A Muro caduto, e forse anche un po' prima, ci si accorse che era nato un corridoio verde nel cuore dell'Europa. Dopo l'89 i vari Paesi hanno dato dignità di parchi a quegli spazi, creando una cortina verde da Lubecca a Trieste, eredità inconsapevole ma molto bella della Guerra fredda».
Come avete lavorato?
«Con un registro molto semplice, quasi didascalico. Abbiamo raccontato quello che c'è senza grandi ghirigori».
Come è vissuta la vecchia frontiera?
«Si trovano grandi differenze. A Trieste, ad esempio, siamo andati a cercare un po' di storie al valico di Fernetti. In generale lungo l'ex frontiera jugoslava abbiamo trovato un sentimento diverso, a volte persino nostalgia, per quel confine più poroso. A volte la caduta della Cortina, oltre a innegabili potenzialità, ha creato anche difficoltà economiche».
Più a Nord com'è andata?
«In Germania, anche se c'è, la nostalgia non la vedi. La scelta dei tedeschi fu di radere al suolo tutto quello che potesse ricordare la vecchia divisione, e oggi la si ritrova soltanto in qualche museo all'aperto. Inoltre chi viveva ai confini della Ddr abitava un'area marginale, sicché è difficile incontrare rimpianti per il vecchio regime. Procedendo verso meridione abbiamo visto casi molto diversi tra loro».
Ad esempio?
«Penso a Vienna e Bratislava, che ora provano a parlarsi e hanno sviluppato una buona relazione turistica ed economica, mentre al contempo ci sono punti in cui il distacco è fortissimo. Il paesino austriaco di Gmund è la classica località di terme e relax mentre il dirimpettaio ceco è tutto prostituzione, slot machine, casinò. Uno schema che si ripete spesso lungo l'ex Cortina. Al contempo però sempre fra Austria e Repubblica ceca si trovano aree vinicole che si sono messe in rete e si promuovono l'un l'altra».
E ora?
«Ora scatta il piano b, ovvero la realizzazione di un libro. Vorremo autopubblicarci e ricorriamo quindi al crowdfounding. La raccolta di fondi è iniziata e abbiamo già raccolto 2mila euro».
Come si fa a partecipare?
«Sulla sezione www.verdecortina.com/crowdfunding del nostro sito ci sono tutte le indicazioni. Se riusciremo a collezionare i 4mila euro necessari stamperemo un volume, di testo e fotografia. Se supereremo questa cifra, tanto meglio: potremo investire maggiormente, su copertina, qualità delle pagine e numero di foto stampate».
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