L’estro di Davide, grafico al servizio di New York

Un rapporto di amore e odio con Trieste, la voglia di sperimentare nel campo dell'arte e della grafica e una curiosità innata, che l'ha spinto a girare il mondo, come direttore creativo di grandi catene commerciali americane e gruppi di comunicazione internazionale, con lavori tra Messico, Dubai, Stati Uniti ed Europa. Davide Marchionni vive ormai da anni a New York, impegnato per anni nella post produzione di fotografi importanti nel campo della moda, attualmente è un freelance. «Ho frequentato l'Accademia delle Belle Arti di Bologna, successivamente ho perfezionato gli studi a Milano, dove ho lavorato nel campo dell'arte per molti anni, tra gallerie e soprattutto installazioni ho avuto alcuni grandi maestri, su tutti Francesco Leonetti, scrittore e grande amico di Pier Paolo Pasolini.
Ma prima Trieste, città dove sono cresciuto, e poi Milano, dove per lungo tempo ho vissuto, erano due realtà che cominciavano a “star strette”, avevo voglia di ampliare i miei orizzonti, di cambiare e sperimentare qualcosa di nuovo». Davide lascia l'Italia a fine anni '90 e, pur non conoscendo l'inglese, vola oltroceano, meta sognata New York. «Un salto nel buio – commenta – ma efficace per quello che cercavo, l'adrenalina. E' stata una grande avventura e poco a poco ho iniziato a intraprendere la strada giusta. Dopo essermi specializzato nel settore della post-produzione nel campo fotografico ecco le prime gratificazioni. Sono stato assunto da un grande marchio americano, come Lord&Taylor, una famosa catena di abbigliamento, per curare graficamente le riviste di moda. Ho curato la post produzione di grandi nomi dell'immagine, sempre negli Usa, poi sono stato chiamato nuovamente a dirigere un dipartimento in alcuni grandi gruppi di comunicazione. Ora continuo nel mio impegno, sempre nel settore della grafica e della fotografia, come freelance».
Davide ha vissuto da vicino gli attentati dell'11 settembre. «Vivevo a cinque isolati dalle Torri, ho un ricordo ancora molto presente, un senso di paura e smarrimento difficile da spiegare – sottolinea – un simbolo per tutti, le torri giganti, che si sbriciolano davanti a te, il cuore pulsante della Grande Mela che brucia per mesi, il fumo, l'odore acre, il desiderio, come molti americani, di donare sangue, di prestare aiuto ai feriti e l'amara consapevolezza che superstiti non ce n'erano, il rumore dei grilli, mai sentiti primi a Brooklyn. Ma quella città poi fortunatamente si è ripresa e sono orgoglioso di farne parte».
Micol Brusaferro
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