L’Est vuole il nucleare: da Lubiana a Sofia, i ministri di dieci Paesi Ue scrivono a Bruxelles

Nell’appello si parla di una fonte che assicura produzione in quantità, standard di sicurezza

e sostenibilità

Stefano Giantin

BELGRADO Il gas scarseggia a causa della guerra in Ucraina e di Mosca che chiude i rubinetti alla Ue, mentre quello naturale liquefatto è costoso ed è difficile farne arrivare, da oltreoceano, quantità sufficienti. Eolico, solare, idroelettrico? Solo palliativi. La soluzione definitiva al problema dell’energia in Europa sarebbe invece un’altra: il nucleare, che l’Ue dovrebbe sostenere anche in chiave di difesa dell’ambiente e di lotta al cambiamento climatico e per raggiungere la neutralità entro il 2050.

È la posizione, più che chiara, che è stata ribadita dai ministri dell’Energia di dieci Paesi Ue, in gran parte di quell’Europa centro-orientale che tradizionalmente vede nell’atomo una fonte di produzione energetica primaria. E che tale deve rimanere. È quanto hanno chiesto in una lettera a Bruxelles, in vista del voto sul tema in agenda oggi all’Europarlamento, i titolari dei dicasteri dell’Energia e delle Infrastrutture di Bulgaria, Cechia, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Slovenia, sostenuti anche da Finlandia - dall’Ucraina extra-Ue - e dalla potenza nucleare europea per eccellenza, la Francia. Una lettera che fa il paio con quella, speculare, inviata alla Ue nell’autunno scorso.

I ministri, si legge nella missiva postata sul sito del ministero dell’Energia bulgaro, si sono mossi, assieme a una ventina di organizzazioni pro-nucleare attive in tutta Europa, appunto a ridosso del dibattito sulla cosiddetta “tassonomia” Ue, ossia la classificazione delle fonti di energia su cui il Vecchio continente punterà, in chiave di sostenibilità, nei prossimi decenni. Fonti fra le quali va assolutamente inserito il nucleare, perché avrebbe tutti gli elementi che servono all’Europa. È una fonte, si legge nell’appello, che assicura la produzione di grandi «quantità d’energia» necessarie per l’economia europea, il tutto con «alti standard di sicurezza». E sarebbe inoltre una «componente-chiave nel trovare una soluzione per ridurre la dipendenza dall’importazione di combustibili fossili dalla Russia». Si parlerebbe poi di una fonte «competitiva» dal punto di vista dei costi, mentre sul fronte dei rifiuti radioattivi ci sarebbero ora «tecnologie a disposizione» che garantiscono sicurezza e sostenibilità, ad esempio, collocando i rifiuti in profondità. Infine, il nucleare sarebbe ideale per la «produzione di idrogeno», un’altra strada che l’Europa dovrebbe percorrere.

Come muoversi allora? Includendo, questa la richiesta principale, il nucleare «nelle politiche» del cosiddetto «Green Deal europeo e nel piano REPowerEU» per la produzione di energia pulita, ha spiegato l’agenzia di stampa bulgara Bta. Se la petizione sarà accolta, la Commissione dovrebbe muoversi per «aggiornare il Nuclear Illustrative Program (Pinc)», base per la discussione a livello continentale sull’uso dell’energia nucleare nella Ue, nell’ambito del trattato Euratom.

È questa la via da seguire anche per molti esperti nella vicina Slovenia, che – malgrado le critiche provenienti da Austria e Italia sul raddoppio di Krsko – deve continuare a guardare all’atomo. Il nucleare avrebbe infatti «numerosi vantaggi economici, sociali e ambientali» oltre che sulla «produzione di energia elettrica», ha così sottolineato in una lettera-appello pro-nucleare agli europarlamentari sloveni Tomaz Zagar, il numero uno dell’associazione degli esperti nucleari di Lubiana. Al contrario, escludere l'atomo dalla tassonomia Ue sarebbe estremamente «dannoso per la Slovenia, i suoi cittadini e per l’ambiente». E soprattutto per l’obiettivo di ridurre la dipendenza da Mosca.

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