L’esperto: «Turisti in bici da Trieste al Carso e poi fino a Grado, Muggia e in Istria: servono più servizi»
Roberto De Walderstein guida turistica dell’Accademia mountain bike
«Gli appassionati provengono specie dall’Austria e dalla Germania»

TRIESTE Quando si accenna alla rinnovata attrazione turistica di Trieste, il pensiero corre quasi sempre a una serie di istantanee emblematiche, ormai note ai più. Le lunghe file di persone davanti al Castello di Miramare o a San Giusto, i pullman parcheggiati lungo le Rive, le navi da crociera attraccate di fronte a piazza Unità: l’elenco potrebbe continuare, ma la cornice appare definita e trova conferma di volta in volta nelle pagine di cronaca.

Esiste, tuttavia, accanto al turismo “tradizionale” di cui si conoscono bene i caratteri, una quota sempre maggiore di persone che sceglie di visitare Trieste in bicicletta, fermandosi qualche giorno in città per proseguire in direzione dell’Istria o dell’Austria. Le rotte e le richieste, in questi casi, sono spesso diverse e restituiscono una realtà del turismo regionale forse ancora poco conosciuta, eppure capace di giocare un ruolo importante nei numeri record di viaggiatori ribaditi recentemente dalle istituzioni.
Roberto De Walderstein, guida turistica dell’Accademia nazionale mountain bike, quelle rotte le conosce bene, organizzando da anni escursioni nel territorio e cercando di soddisfare le esigenze di chi vuole scoprire Trieste e dintorni in bicicletta. Le sue prime parole ribadiscono la vitalità del fenomeno: «Durante la pandemia – racconta – ho assistito a una riscoperta generale dell’uso della bicicletta, proseguita e cresciuta negli anni successivi».
La maggior parte degli interessati proviene dall’Austria o dalla Germania, spesso arrivando già su due ruote tramite i 415 km della pista ciclabile Alpe Adria che da Salisburgo conducono fino a Grado; altri, invece, scelgono Trieste come punto di partenza, giungendo in città grazie ai collegamenti ferroviari. Esiste, poi, una componente rilevante di italiani e di triestini, desiderosi di conoscere, con l’aiuto di un esperto, il territorio circostante.
Proprio l’«unicità» del paesaggio limitrofo, secondo De Walderstein, rappresenta il punto di forza maggiore di Trieste: «Ci troviamo in una posizione privilegiata – osserva – con opportunità in ogni direzione». Ecco che i percorsi da lui consigliati, allora, cercano di sfruttarne a pieno il potenziale. Con il recupero del Porto Vecchio e la riapertura del tratto di pista ciclabile che lo attraversa, una delle offerte prevede come prima tappa il Castello di Miramare, quindi la salita verso Santa Croce per proseguire lungo il Carso fino a Lipizza e tornare indietro tramite la ciclabile Cottur. L’altro itinerario più gettonato si sviluppa lungo la Parenzana, via d’accesso alla Slovenia e a tutta l’Istria, ma non si può non citare la tappa di Grado, che include una visita alla riserva naturale val Cavanata. E si potrebbero riportare altri percorsi – dal monte Taiano alle grotte di San Canziano – modellati a seconda del tempo a disposizione e degli interessi particolari degli ospiti. Alla luce di un quadro così dinamico ed eterogeneo, è necessario sottolineare anche i limiti di Trieste nella capacità di accogliere al meglio chi si sposta in bicicletta.
«Confrontando i servizi presenti in città con quelli della Slovenia – afferma De Walderstein – appare evidente che siamo indietro e si potrebbe migliorare molto». Gli esempi riportati da De Walderstein sono molteplici e vanno dagli stalli per le biciclette – «di quantità insufficiente e poco sicuri» – alla ottimizzazione generale delle strade. D’altra parte, ci sono stati dei passi in avanti, come dimostrano il recente rinnovamento del tratto di pista ciclabile che collega piazza della Libertà a passeggio Sant’Andrea e l’avvio dei lavori in viale d’Annunzio (vedi articolo a fianco). Forse qualcosa sta lentamente cambiando; in ogni caso, i margini di sviluppo sono ancora ampi.
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