L’esperto: «Rifiuto più politico che tecnico»
Perché preoccuparsi per un transito di scorie radioattive? Naturalmente perché possono verificarsi una “fuga”, una dispersione, un pericolo per la salute pubblica. Come soppesare l’eventuale pericolo?
Risponde Massimo Bovenzi, direttore dell’Unità clinica e della Scuola di specializzazione di Medicina del lavoro all’Università di Trieste: «Difficile dirlo se non si conosce il tipo di radionuclide in transito. Certi hanno vitalità breve e decadono nell’arco di 28-30 giorni come lo iodio 131, altri (come l’uranio, il plutonio) hanno un tempo di decadenza immenso, di molte migliaia di anni».
«Combustibile nucleare esaurito» non è dunque dicitura che possa illuminare molto sulle eventuali conseguenze, ma Bovenzi avverte: «La legge è molto severa, questi materiali viaggiano in contenitori altamente schermati, a seconda di quale radionuclide contengono, e sono affidati a ditte superspecializzate, inoltre esistono sistemi di controllo, autorizzazioni: in ogni circostanza bisogna vedere quali sono i protocolli di sicurezza messi in atto. Ricordo che una decina d’anni fa, per il passaggio nel porto di Trieste di navi a propulsione nucleare, ci fu un’allerta della Prefettura, e dell’équipe per la sicurezza feci parte anch’io. Presumo - aggiunge Bovenzi - che questo trasporto sia organizzato secondo protocolli di sicurezza. Se l’assessore regionale all’Ambiente ha dato un parere con motivazioni politiche, sarà lei stessa a giustificarle».
Resta il fatto che non siamo esenti da radioattività nella vita quotidiana. Certe funzioni ospedaliere di alta specializzazione curano proprio, esplicitamente, con la Medicina nucleare. Di cui a Trieste s’è parlato di recente, perché il reparto, attualmente nella palazzina del Centro oncologico di via Pietà, si prepara al trasferimento a Cattinara. Ieri la direttrice, Franca Dore, ha preferito non intervenire sull’argomento. «I radionuclidi ospedalieri - certifica Bovenzi - dopo l’uso vengono depositati in vasche di decadimento, hanno una vita breve, di seguito vengono recuperati da ditte specializzate e smaltiti come rifiuto speciale».
Ma radioattività si trova anche nelle immondizie, anche nell’inceneritore, anche nelle fognature. Cittadini che si sottopongono a cure “nucleari” espellono poi queste tracce, impossibili da isolare. Secondo tutti i responsabili della materia, si tratta però di quantità infinitamente piccole ai fini della salute pubblica. Anche se accade che i camion che conferiscono le immondizie all’inceneritore talvolta, passando il controllo, facciano scattare allarmi. Il segnale c’è, il panico no. (g. z.)
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