L'esperta Ogs: «Ecco come difenderci dalle mareggiate»

Florence Colleoni (Ogs): «Abbiamo sottovalutato i cambiamenti climatici. Mai più case nelle zone più basse delle città»

TRIESTE Maree eccezionali, fiumi che straripano, intere zone costiere allagate per giorni. I disastri a cui abbiamo assistito in queste ultime settimane, che hanno messo in ginocchio Venezia e non hanno risparmiato Grado e buona parte della Bassa friulana, saranno sempre più frequenti.

L’ultimo rapporto speciale del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) parla chiaro: «Abbiamo sottovalutato la rapidità di questi cambiamenti: lo si comprende comparando le proiezioni climatiche effettuate nei primi anni ’90, con i metodi d’analisi e gli strumenti allora a disposizione, con la situazione attuale», spiega Florence Colleoni, glaciologa dell’Ogs che ha collaborato alla revisione dello studio, realizzato da più di 100 autori di 36 diversi Paesi, facendo riferimento a circa settemila pubblicazioni scientifiche.

«Tra i diversi scenari prefigurati ci stiamo avvicinando a quello peggiore, chiamato Rcp 8.5 o Business - as - usual: gli interventi per la riduzione delle emissioni sono stati del tutto insufficienti, sia dal punto di vista dell’utilizzo di energie rinnovabili, su cui anche l’Ue ha investito poco, sia da quello della riduzione dei consumi. Anche se c’è la volontà di cambiare strada, si tratta di un lungo cammino che stiamo percorrendo troppo lentamente».

Il rapporto evidenzia dunque l’urgenza di agire tempestivamente, stabilendo priorità coordinate per affrontare i cambiamenti senza precedenti dell’oceano e della criosfera e rivela i vantaggi di un adattamento ambizioso ed efficace per lo sviluppo sostenibile e, al contrario, i crescenti costi e rischi di un’azione ritardata.

L’oceano e la criosfera – le parti coperte di ghiacci del pianeta – svolgono un ruolo fondamentale per la vita sulla Terra, ricorda il rapporto, snocciolando alcune cifre: 670 milioni di persone nelle regioni di alta montagna e 680 milioni di persone nelle zone costiere basse dipendono direttamente da questi sistemi. Quattro milioni di persone inoltre vivono permanentemente nella regione artica e gli stati in via di sviluppo delle piccole isole ospitano 65 milioni di persone. Anche se si riducessero pesantemente emissioni e consumi, dice Colleoni, comunque gli effetti non sarebbero immediati e per un certo periodo il livello del mare continuerebbe ad aumentare e le acque a riscaldarsi: «Il fenomeno è fisico: le calotte polari, così come gli oceani, reagiscono alle variazioni di temperatura su tempi molto lunghi, perciò anche se la temperatura esterna diminuisse per un determinato periodo continuerebbero a sciogliersi».

Questo non significa che non si debba intervenire in tal senso, ma che accanto a una strategia di mitigazione dei cambiamenti climatici è necessario ripensare anche all’utilizzo delle zone costiere più basse, sia dal punto di vista abitativo sia da quello delle attività economiche. A Lignano, evidenzia Colleoni, per esempio non è più consentito costruire appartamenti nei sotterranei, perché il rischio d’allagamento è elevato. Nel delta del Po si sta riflettendo su barriere antisale e su come cambiare l’attività di un territorio da sempre agricolo. «È indispensabile pensare subito alle azioni che si possono intraprendere per evitare allagamenti: dobbiamo adattarci rapidamente a situazioni che da eccezionali diventeranno frequenti per evitare danni alle attività economiche», sottolinea Colleoni. –




 

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