Leroy Merlin lascia Trieste e va a Udine

I centri monomarca cominciano a sfilarsi. Erano nove e adesso sono sette. Dopo Decathlon Italia che, stanca di attendere per anni invano l’autorizzazione ad aprire un maxi store nell’area ex Gaslini, ha preso la strada di Muggia, un altro addio silenzioso si è consumato. Il secondo monomarca a cancellare l’appuntamento con Trieste è Leroy Merlin, catena francese del bricolage e “fai da te”, che aveva manifestato interesse per l’area dell’ex concessionaria di automobili Dino Conti in Strada della Rosandra. «Per ora non sono previste aperture a Trieste e la prossima prevista è quella di Udine, piazza San Giacomo (Parco Commerciale Iper), L’apertura al pubblico sarà il giorno 30 giugno, il negozio si estende su una superficie di circa 8 mila metri quadrati e sono previsti circa 80 collaboratori» fanno sapere dalla sede milanese della multinazionale. E, visto che quella di Trieste doveva essere in origine l’unica apertura prevista in Friuli Venezia Giulia, si può pensare che la questione Leroy Merlin si chiuda con lo sbarco in Friuli. Un beffa. Trieste, intanto, si consola con un ricorso al Tar con cui i negozianti hanno chiesto il blocco dei centri monomarca.
Il progetto della Leroy Merlin non era irrilevante: 6mila metri quadrati, 12 milioni di investimento e 95 posti di lavoro preventivati. Una quota considerevole sui 500 posti di lavoro previsti e gli 100 milioni di euro di investimento dell’insieme dei nove centri monomarca. Leroy Merlin, marchio di spicco del Groupe Adeo (che dal 2011 controlla anche Castorama), è presente in Italia dal 1996 con 46 punti vendita, 5.500 collaboratori e un fatturato di oltre un miliardo di euro. «Abbiamo rallentato il processo perché ci sono un po’ di problemi. Da parte nostra è tutto fermo. Tutto congelato» conferma il disimpegno in via ufficiosa Andrea Gelli, responsabile dello sviluppo immobiliare di Leroy Merlin. È pensabile un disgelo in futuro? Difficile da dire visto la difficile congiuntura economica e la scelta di Udine per l’ampliamento del network. Il rapporto con Trieste è stato complicato fin dall’inizio. «Nessun Comune ci ha mai trattati così - dichiarava Gelli al Piccolo il primo dicembre 2010 -. Il nostro obiettivo è aprire negozi. Abbiamo bisogno di sapere se ci verrà data o meno la possibilità di realizzare uno in Strada della Rosandra. Vorremmo un po’ di chiarezza in tempi rapidi. Anche perché su Trieste siamo in ballo dal 2006 e in questi anni abbiamo sostenuto costi importanti».
La manifestazione d’interesse per l’area dell’ex concessionario Dino Conti risale al giugno 2009. La pazienza ha un limite. «Facciamo prima a dire che non li vogliamo» taglia corto l’ingegnere Giovanni Cervesi che ha firmato il progetto come quello dell’ex Gaslini. Paolo Rovis, l’ex assessore Pdl allo Sviluppo economico e autore della delibera sui monomarca (poi rinnegata dalla sua stessa giunta e dal sindaco Roberto Dipiazza), è senza parole. «È l’epilogo che mi aspettavo - dice -. E il fallimento della politica. E non è neppure una questione di destra e sinistra. La città si dimostro poco accogliente nei confronti degli imprenditori. Una lezione per il futuro. Sempre che ci sia un futuro». Lo sfogo di Rovis si allarga anche alle categorie economiche che hanno fatto di tutto per evitare ricadute positive dei centri monomarca su Trieste. L’attuale giunta si è invece schierata a favore delle grosse catene («Una battaglia di retroguardia» l’ha definita il sindaco Roberto Cosolini), ma si è scontrata con una Regione che frena le liberalizzazioni messe in campo dal governo Monti e appoggia le barricate della Confcommercio. Barricate che a Trieste sono più resistenti che a Udine, come dimostra la vicenda Leroy Merlin. L’assessore comunale allo Sviluppo economico, Fabio Omero, allarga le braccia. «È da mesi che aspettiamo che la Regione chiarisca la normativa sul piano commercio dopo il decreto Monti sulle liberalizzazione - spiega Omero -. Non ci hanno ancora risposto. E sono già passati i 90 giorni». E di chi è la colpa? «C’è un problema politico nella maggioranza regionale - spiega Omero -. Il problema l’abbiamo ereditato. Forse siamo stati lenti, ma non capisco come si possa fare a Udine quello che non si riesce fare a Trieste».
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