L’emozione di Erminia, amica d’infanzia di Norma Cossetto: «Ora basta divisioni»

Dionis Bernobi: «Mai un silenzio del genere. Nei libri di scuola scrivano la verità, nulla più» 
Erminia Dionis Bernobi, ieri a Basovizza, con la foto di Norma Cossetto
Erminia Dionis Bernobi, ieri a Basovizza, con la foto di Norma Cossetto

TRIESTE. Con la fotografia in bianco e nero di Norma Cossetto stretta tra le mani, ieri alla Foiba di Basovizza c’era anche Erminia Dionis Bernobi. Nata nel 1931 a Santa Domenica di Visinada d’Istria, nel primissimo dopoguerra aveva avuto l’occasione e il coraggio di identificare uno degli aguzzini della sua compaesana: per evitare ritorsioni subito dopo l’episodio si era dunque data alla fuga, arrivando a Trieste nel 1946.

Storica esponente dell’Associazione delle comunità istriane nonché medaglia di bronzo del Comune di Trieste, dal 2018, la signora Erminia ieri ha atteso l’arrivo di Sergio Mattarella e Borut Pahor sul memoriale carsico assieme alle organizzazioni appartenenti al mondo dell’esodo. Durante il cerimoniale ha sentito innanzitutto un «silenzio» mai udito prima. Intervistata a margine «con la foto de Norma sempre con mi sul cuor (in dialetto, ndr)», ha infatti raccontato di aver vissuto un «momento molto, molto emozionante. Non avevo mai partecipato a una cerimonia qui con un simile silenzio, appunto. Pensavo che avrebbero suonato il silenzio (il silenzio militare, cioè il brano musicale: fa un gioco di parole, ndr), invece c’è stato silenzio e basta».



Durante la visita dei due Presidenti «noi siamo stati composti, e le nostre preghiere le abbiamo pensate», ha proseguito Erminia, per la quale l’evento di ieri è stato fortemente simbolico poiché «in foiba io ci sarei dovuta finire dentro, quando avevo quindici anni». Come ha raccontato più volte in occasione di interviste pubbliche, da ragazzina era solita spendere i pomeriggi dando una mano in una bottega sartoriale, nel suo paese natale: è proprio all’interno del negozio che un giorno sentì uno degli avventori raccontare delle torture perpetrate tre anni prima contro l’amica d’infanzia Norma Cossetto, quasi fosse una vecchia storia di guerra, rivelandosi come uno degli assassini.

Erminia reagì affrontando l’uomo con indignazione e poco dopo, per paura di ripercussioni soprattutto sulla propria famiglia, s’incamminò verso Trieste: era una notte del 1946. «Sono arrivata con i piedi insanguinati. All’inizio ero apolide e per questo non potevo nemmeno frequentare il collegio. Adesso spero di vivere fino a cento anni per continuare a raccontare. Spero che finiscano le polemiche».

Nel capoluogo giuliano l’adolescente Erminia ha continuato a fare la sarta, dapprima come praticante e poi arrivando negli anni ad aprire un negozio proprio. Nel 1952 ha sposato Lino Bernobi, il cugino di Norma, diventando in questo modo parente dell’amica perduta. Nell’incontro tra i due capi di Stato Mattarella e Pahor, che nei momenti più alti della cerimonia si sono tenuti mano nella mano, ha immediatamente riconosciuto la portata di un «evento storico specialmente per noi anziani, perché io vorrei davvero che le guerre non ci fossero più, così come le divisioni all’interno delle stesse associazioni. Quel che è successo lo scrivano nei libri di scuola: la verità e nulla più. Sennò i nipoti continueranno a chiedercela». E ancora: «Non ci sono morti di serie A e di serie B, mi ghe voio ben a tuti, rispetto tutti». 

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