L’emergenza si sdoppia, centrale Trieste-Gorizia nella rivoluzione del 118
TRIESTE. Erano quattro, si sono ridotte a una e probabilmente diventeranno due. Il tutto in tre anni. Non è un indovinello a sfondo matematico, ma quanto potrebbe accadere alla centrale unica dell’emergenza sanitaria 118, oggi interamente concentrata nella Sala operativa regionale emergenza sanitaria di Palmanova. La giunta Fedriga sta meditando uno sdoppiamento, dopo infinite polemiche sulla qualità di un servizio che ha riscontrato falle nei sistemi informativi e difficoltà degli operatori telefonici a coordinare i mezzi di soccorso senza conoscere nei dettagli territori lontani dalla propria quotidianità.
L’idea di creare una centrale di Trieste-Gorizia e una centrale di Udine-Pordenone è contenuta nella bozza del piano per l’emergenza urgenza, cui sta lavorando da mesi il vicepresidente Riccardo Riccardi, che conferma le indiscrezioni. «Stiamo perfezionando il piano – dice – e lo presenteremo in Commissione a inizio marzo. Il documento prevede l’ipotesi unica o altre soluzioni che comunque non riporteranno alle vecchie quattro centrali provinciali.
Ci tengo a precisare che il numero unico 112 non è in discussione». Verrà cioè in ogni caso mantenuto l’obbligo di chiamare il 112 per farsi poi smistare al 118. Di più Riccardi non dice, perché «non è corretto parlarne prima che ne sia informato il Consiglio» e perché l’assessore sa che la prospettiva dello sdoppiamento sta già provocando malumori nella provincia di Pordenone.
Riccardi assicura che nulla è deciso, ma il fatto che lo sdoppiamento compaia nella bozza di un documento ufficiale è un indizio pesante, tanto più che nel centrodestra si dichiara che la sede triestina di via del Farneto (rimasta in piedi per gestire i trasporti non urgenti) potrebbe essere trasferita in Porto vecchio. La giunta ha inoltre richiesto a Insiel un preventivo per le dotazioni tecniche necessarie.
Informazioni per ora non ce ne sono, ma gli esperti calcolano 1,5 milioni di euro per la creazione della centrale e un altro milione per il raddoppio delle licenze di sistema di risposta e software, qualora Riccardi decida nel contempo di accantonare il programma realizzato da Insiel e servirsi di quello in uso in Lombardia, dove si utilizza un unico software per 112 e 118, al contrario di quanto avviene in Friuli Venezia Giulia.
La spesa corrente peserebbe poi per altri 1,5 milioni all’anno: la somma degli stipendi dei 36 infermieri che dovrebbero essere assunti o trasferiti per coprire i turni settimanali delle 6 postazioni previste. Un numero giudicato sufficiente per svolgere anche funzioni di backup, permettendo alla nuova centrale di entrare in campo qualora un malfunzionamento della centrale friulana crei necessità di servirsi di quella triestina per rispondere alle chiamate da Udine e Pordenone. Casi del genere non si sono mai verificati per il 118 ma soltanto per il 112, dove sono più frequenti i picchi delle telefonate: ciò non toglie che Riccardi abbia sempre detto di voler mantenere in Fvg il sistema di sicurezza, che nel caso del 112 si serve invece della centrale di Brescia.
Non è dato a sapere se lo sdoppiamento convinca davvero l’assessore, che nei primi mesi di insediamento ha sempre difeso la centrale unica e che non ha mai presentato dati per fotografare situazione e criticità, che motivino il cambio di sistema. Riccardi aveva puntato molto sulla nomina di Francesco Zavattaro alla guida dell’Azienda zero, ma il manager che doveva riorganizzare il 112 sulla base dell’esperienza fatta in Lombardia pare non aver mai affrontato il punto.
Può darsi che le difficoltà abbiano fatto cambiare idea a Riccardi, tanto più dopo le richieste di trasferimento depositate da quasi tutti i dipendenti della Sores alcuni mesi fa. Ma non è escluso che siano state più semplicemente le pressioni che da anni provengono dal centrodestra di Trieste, dove l’introduzione del numero unico ha sollevato i maggiori malumori nella politica e in una cittadinanza abituata a bombardare di telefonate spesso improprie i numeri dell’emergenza, come più volte denunciato dalle statistiche ufficiali.
Di certo c’è che il raddoppio delle centrali non risponderebbe a reali esigenze demografiche, posto che la legge italiana prevede che le centrali facciano riferimento a una popolazione di almeno 600 mila abitanti. Le due del Fvg sarebbero peraltro una misura singolare, considerando che 5 milioni di romani sono serviti da un’unica struttura e i 10 milioni di lombardi contano invece su 3 centrali.
Ma le pressioni dei territori possono molto perché la politica è anzitutto consenso e Riccardi ha dovuto allora non soltanto mostrarsi attento alle richieste di sindacati e comitati, ma anche mediare nel centrodestra, dove Fratelli d’Italia ha ottenuto l’approvazione di un emendamento e due ordini del giorno che impegnavano la giunta a verificare l’opportunità dell’abbandono della centrale unica.
Il vicepresidente vede però anche i lati positivi: la creazione di un sistema di backup stabile e la possibilità per gli infermieri addetti al centralino di svolgere un maggior numero di turni a bordo delle ambulanze, senza perdere l’abitudine al lavoro di trincea nell’emergenza sanitaria. Riccardi lavora alla definizione del piano e assicura alla maggioranza che verrà fatta una verifica politica prima del passaggio in commissione su un punto che il centrodestra spenderà di certo nella campagna per le elezioni comunali triestine del 2021.
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