L’emergenza coronavirus piega i caffè storici di Trieste. Il Tommaseo ricorre a ferie forzate

«Turisti spariti e rinfreschi azzerati». Serrande abbassate fino al 14 marzo. In difficoltà pure  San Marco, Specchi e Torinese. C’è chi punta a ottenere una riduzione dei canoni di affitto  
L’avviso all’esterno del Caffè Tommaseo sulla chiusura per ferie partita proprio ieri. Foto di Andrea Lasorte
L’avviso all’esterno del Caffè Tommaseo sulla chiusura per ferie partita proprio ieri. Foto di Andrea Lasorte

TRIESTE «Chiuso per ferie». Da ieri fuori dal Caffè Tommaseo a Trieste un cartello avverte città che lo storico locale riprenderà la sua attività il 14 marzo. «A quel punto, valuteremo la situazione - anticipa Claudio Tombacco che con la sua famiglia gestisce il caffè più antico di Trieste, aperto nel 1830 - e decideremo se tenere chiuso un’altra settimana o riaprire».

Lo stop è il primo effetto tangibile sul comparto dei pubblici esercizi di Trieste dell’emergenza coronavirus. Un maremoto che non guarda in faccia nessuno e sta travolgendo persino i caffè storici. «Nel mese di marzo, gli eventi, le iniziative culturali, le feste di matrimonio o di laurea rappresentato il 70% del fatturato, - spiega Tombacco -. Ora sono stati tutti annullati e il lavoro, complice anche l’assenza di turisti, è precipitato. Così, a malincuore, visto il vuoto “cosmico”, ho deciso di chiudere per ferie». L’imprenditore testimonia che fino alla scorsa domenica, un po’ di lavoro c’era. «Quando gli stessi governatori regionali volevano riaprire i loro territori, sembrava si ripartisse, – spiega – invece, con il primo caso di contagio in Friuli Venezia Giulia e le nuove disposizioni prese a livello nazionale, la città si è fermata».



La famiglia Tombacco, oltre al Tommaseo è proprietaria anche della enoteca Bischoff e di un’importate azienda di distribuzione all’ingrosso di bevande che lavora sul segmento di mercato dei pubblici esercizi. Dunque, il loro è un osservatorio a 360 gradi. «Venerdì scorso, - racconta - come grossisti, abbiamo distribuito in città un camion e mezzo di merce a fonte dei tre che facevamo partire fino a metà febbraio. Un crollo del 50% degli ordini. Se, come paventano, la chiusura delle scuole e le altre disposizioni adottate per affrontare questa emergenza dovessero protrarsi fino ad aprile sarà una strage che manderà molte aziende con le gambe all’aria».

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Altrettanto allarmato è il titolare dell’Antico Caffè San Marco, Alexandros Delithanassis, che per far fronte a quella che lui definisce «un’ecatombe che vede gli imprenditori inermi, impotenti», ha intanto ridotto gli orari di apertura del locale di via Battisti (apre alle 9 invece che alle 8.30 e la sera chiude sempre alle 22 invece che alle 23 durante la settimana e alle 24 del weekend), sospeso il rapporto di lavoro con i tirocinanti e utilizzato dei permessi per i dipendenti. «La prima settimana abbiamo retto, ma da domenica la situazione sta precipitando – sostiene - . Sono saltati tutti gli eventi e gli incontri culturali, mancano i turisti e il lavoro è calato almeno del 30%. Se continua così mi vedrò costretto a valutare altri provvedimenti. Servono misure di sostegno all’occupazione, entro fine mese, perché se cominciano a saltare le buste paga, rallentano i consumi e a Trieste vedremo spazzare via gli imprenditori locali a favore dei grandi gruppi e dei fondi internazionali». San Marco e Tommaseo sono ospitati in immobili di proprietà di Generali, e gli imprenditori che li guidano non escludono di chiedere una momentanea sospensione o riduzione dei canoni.

«Di fronte ad un’emergenza scatta una psicosi e la gente limita le attività ludiche - osserva Giuseppe Faggiotto, titolare dello storico Caffè degli Specchi ma anche de La Bomboniera, – e a noi sta mancando tutta la fetta di lavoro generata dai turisti, mentre non mancano, soprattutto se spunta il sole, i clienti abituali. Sono fiducioso perché, come ci insegna la storia, dopo una Caporetto c’è sempre una ripartenza». Anche agli Specchi, in piazza Unità, la sera il lavoro crolla. «Lavoriamo a vista – spiega Faggiotto - se non c’è gente chiudiamo prima e facciamo recuperare ore al personale. Quel che è certo, è che così possiamo resistere un mese, un mese e mezzo, poi suona un forte allarme».

All’Antico caffè Torinese già dal mattino si avverte un calo del lavoro del 50-60%. «Con le grandi aziende che hanno fanno lavorare da casa i dipendenti e le scuole chiuse, registriamo un calo vertiginoso di clienti soprattutto dalla notizia del primo contagio in regione, – valuta il titolare Matteo Pizzolini -. E anche la sera il lavoro è ai minimi termini. Viviamo alla giornata, ora abbiamo lasciato a casa in recupero ferie le due dipendenti e lavoriamo noi soci. Chiederemo anche un aiuto al proprietario dell’immobile. Peccato perché Trieste era “in bomba” e ora sembra crollare tutto». —


 

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