L’emergenza coronavirus piega i caffè storici di Trieste. Il Tommaseo ricorre a ferie forzate
TRIESTE «Chiuso per ferie». Da ieri fuori dal Caffè Tommaseo a Trieste un cartello avverte città che lo storico locale riprenderà la sua attività il 14 marzo. «A quel punto, valuteremo la situazione - anticipa Claudio Tombacco che con la sua famiglia gestisce il caffè più antico di Trieste, aperto nel 1830 - e decideremo se tenere chiuso un’altra settimana o riaprire».
Lo stop è il primo effetto tangibile sul comparto dei pubblici esercizi di Trieste dell’emergenza coronavirus. Un maremoto che non guarda in faccia nessuno e sta travolgendo persino i caffè storici. «Nel mese di marzo, gli eventi, le iniziative culturali, le feste di matrimonio o di laurea rappresentato il 70% del fatturato, - spiega Tombacco -. Ora sono stati tutti annullati e il lavoro, complice anche l’assenza di turisti, è precipitato. Così, a malincuore, visto il vuoto “cosmico”, ho deciso di chiudere per ferie». L’imprenditore testimonia che fino alla scorsa domenica, un po’ di lavoro c’era. «Quando gli stessi governatori regionali volevano riaprire i loro territori, sembrava si ripartisse, – spiega – invece, con il primo caso di contagio in Friuli Venezia Giulia e le nuove disposizioni prese a livello nazionale, la città si è fermata».
La famiglia Tombacco, oltre al Tommaseo è proprietaria anche della enoteca Bischoff e di un’importate azienda di distribuzione all’ingrosso di bevande che lavora sul segmento di mercato dei pubblici esercizi. Dunque, il loro è un osservatorio a 360 gradi. «Venerdì scorso, - racconta - come grossisti, abbiamo distribuito in città un camion e mezzo di merce a fonte dei tre che facevamo partire fino a metà febbraio. Un crollo del 50% degli ordini. Se, come paventano, la chiusura delle scuole e le altre disposizioni adottate per affrontare questa emergenza dovessero protrarsi fino ad aprile sarà una strage che manderà molte aziende con le gambe all’aria».
Altrettanto allarmato è il titolare dell’Antico Caffè San Marco, Alexandros Delithanassis, che per far fronte a quella che lui definisce «un’ecatombe che vede gli imprenditori inermi, impotenti», ha intanto ridotto gli orari di apertura del locale di via Battisti (apre alle 9 invece che alle 8.30 e la sera chiude sempre alle 22 invece che alle 23 durante la settimana e alle 24 del weekend), sospeso il rapporto di lavoro con i tirocinanti e utilizzato dei permessi per i dipendenti. «La prima settimana abbiamo retto, ma da domenica la situazione sta precipitando – sostiene - . Sono saltati tutti gli eventi e gli incontri culturali, mancano i turisti e il lavoro è calato almeno del 30%. Se continua così mi vedrò costretto a valutare altri provvedimenti. Servono misure di sostegno all’occupazione, entro fine mese, perché se cominciano a saltare le buste paga, rallentano i consumi e a Trieste vedremo spazzare via gli imprenditori locali a favore dei grandi gruppi e dei fondi internazionali». San Marco e Tommaseo sono ospitati in immobili di proprietà di Generali, e gli imprenditori che li guidano non escludono di chiedere una momentanea sospensione o riduzione dei canoni.
«Di fronte ad un’emergenza scatta una psicosi e la gente limita le attività ludiche - osserva Giuseppe Faggiotto, titolare dello storico Caffè degli Specchi ma anche de La Bomboniera, – e a noi sta mancando tutta la fetta di lavoro generata dai turisti, mentre non mancano, soprattutto se spunta il sole, i clienti abituali. Sono fiducioso perché, come ci insegna la storia, dopo una Caporetto c’è sempre una ripartenza». Anche agli Specchi, in piazza Unità, la sera il lavoro crolla. «Lavoriamo a vista – spiega Faggiotto - se non c’è gente chiudiamo prima e facciamo recuperare ore al personale. Quel che è certo, è che così possiamo resistere un mese, un mese e mezzo, poi suona un forte allarme».
All’Antico caffè Torinese già dal mattino si avverte un calo del lavoro del 50-60%. «Con le grandi aziende che hanno fanno lavorare da casa i dipendenti e le scuole chiuse, registriamo un calo vertiginoso di clienti soprattutto dalla notizia del primo contagio in regione, – valuta il titolare Matteo Pizzolini -. E anche la sera il lavoro è ai minimi termini. Viviamo alla giornata, ora abbiamo lasciato a casa in recupero ferie le due dipendenti e lavoriamo noi soci. Chiederemo anche un aiuto al proprietario dell’immobile. Peccato perché Trieste era “in bomba” e ora sembra crollare tutto». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo