Lelioswing, storia dell’Italia vista con gli occhi di Luttazzi
Lelio Luttazzi e il divenire dell’Italia. Dagli anni Quaranta fino al terzo millennio. Come uno specchio che riflette l’altro specchio. È questo il filo conduttore della mostra “Lelioswing: cinquant’anni di storia italiana”, che verrà inaugurata mercoledì 6 novembre, alle 18, ai Mercati di Traiano a Roma.
Una mostra che Rossana Luttazzi, e tutta la Fondazione intitolata al musicista e showman triestino, ha costruito con grande passione e determinazione. Incassando anche qualche delusione, soprattutto da Trieste. Dall’amatissima città di suo marito. Tanto che, proprio in questi giorni, ha deciso di andarsene. Con amarezza.
Sarà una grande festa, quella del 6 novembre. All’inaugurazione dell’esposizione ci saranno i musicisti Rita Marcotulli, Lorenzo Hengeller e Luca Bianchi. La si potrà vedere fino al 2 febbraio, organizzata dalla Fondazione Lelio Luttazzi con il Comune di Roma e due sponsor: la Regione Friuli Venezia Giulia e la Named, l’azienda che si relaziona con la Fondazione di Luc Montagnier, Premio Nobel per la medicina.
Curata da Cesare Bastelli e Silvia Colombini, “Lelioswing” è nata dal progetto e dalla realizzazione dell’allestimento firmati dallo scenografo Leonardo Scarpa. Il catalogo, bello da vedere e da leggere, uscirà per Giunti con la supervisione ai testi di Enrico Vaime. A curare la parte cinematografica in mostra sarà il direttore di “Ciak” Piera Detassis. La supervisione artistica è di Pupi Avati.
«In otto sale, che si allargano su 270 metri quadri al terzo piano dei Mercati di Traiano - racconta Rossana Luttazzi -, la mostra racconterà Lelio e l’Italia. Non si poteva, infatti, scindere la storia dell’artista, del musicista, dell’uomo di spettacolo, da quello che avveniva attorno a lui. Così si partirà dal 1943».
Partenza da Trieste?
«Certo, dalla sua infanzia. Dalla scoperta della musica, del jazz, dalla voglia di farsi strada nel mondo dello spettacolo. Poi si prosegue con la sua partenza dalla città alla volta di Milano, la parentesi di Torino, il lunghissimo periodo trascorso a Roma. E poi, ovviamente, il ritorno tanto desiderato nella sua Trieste».
Lo racconteranno i suoi oggetti?
«Tutto quello che può raccontare Lelio c’è. Perché è di lui che la mostra parla, non di chi gli è vissuto accanto. Ci saranno le lamette da barba con cui cancellava le note sbagliate sulla carta da musica. Il pianoforte che ha suonato fino all’ultimo. Parecchie teche con i suoi oggetti».
Si potrà suonare con Luttazzi come se lui fosse lì?
«In una sala multimediale, chi entra potrà suonare una tastiera proiettata sul muro. Magari ripercorrendo le note della canzoni di Lelio. Poi, una serie di monitor ripercorreranno, con i filmati delle Teche Rai, la carriera musicale, radiofonica e televisiva di Luttazzi».
E la Storia?
«A raccontare la storia d’Italia, seguendo passo passo la carriera di Lelio, saranno due videoproiettori. Così, i visitatori della mostra si troveranno a rivivere gli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta... Abbiamo recuperato moltissime foto anche grazie alla collaborazio. ne di amici e conoscenti».
Luttazzi era anche scrittore.
«Ci sono, per esempio, le raccolte del “Radiocorriere Tv” con i testi della rubrica che Lelio scriveva ai tempi di “Hit Parade”. E poi, la sua “Operazione Montecristo” in cui racconta il suo arresto, l’accusa di spaccio di droga, i terribili giorni in carcere. Ovviamente, non mancherà il film “Detenuto in attesa di giudizio” diretto da Nanni Loy nel 1971».
Ma dopo il successo dell’inedito “Oberdan Baciro”, usciranno altri suoi romanzi?
«Einaudi è già pronta a pubblicare un nuovo inedito. Questa volta si tratta di un romanzo di pura invenzione, che non ha niente di autobiografico come “Oberdan Baciro”. Lelio proponeva diversi titoli, poi vediamo quale sceglieranno».
E il jukebox?
«Cesare Bestelli ha recuperato uno splendido Wurlitzer e ha riversato tutti i vecchi 78 giri della Cgd con le canzoni di Luttazzi. Al posto dei dischi di vinile ci saranno i cd, anche se funzionerà come una volta. Con le etichette sui diversi tasti per scegliere quali brani far uscire».
Dove andrà la mostra dopo Roma?
«Sicuramente andrà a Napoli e a Milano. Ma siamo già in contatto con la Fondazione di Montagnier per portarla a Parigi».
E lei intanto ha deciso di andare via da Trieste...
«L’assenza di Lelio è una ferita che non smette di sanguinare. Per questo sono andata a nascondermi in un appartamento sotto il colle di San Giusto, lasciando la sua piazza Unità. In questi anni senza di lui, un grande punto di forza per me è stato il professor Gilberto Pizzolato, fulminato da un infarto alla fine di settembre. Era un uomo straordinario, di grande sensibilità. Ogni 15 giorni andavo da lui a Cattinara, mi ha aiutata molto».
E poi?
«Quando se n’è andato, ho capito che per me non c’era più niente a Trieste. Pizzolato mi ha aiutata a capire che Lelio vive dentro di me, anche se le sue ceneri sono nel mare di Trieste. E poi devo dire che, da un po’ di tempo, avevo fiutato in città una brutta aria».
In che senso?
«Non ho mai digerito che il Comune abbia sbattuto la porta in faccia a Lelio quando volevo donare alla città le sue cose. Hanno perso anche l’occasione di far partire da qui la mostra “Lelioswing”. Io sono come la tigre: possono offendermi quanto vogliono, ma non tollero che si rifiuti Luttazzi. Tiro fuori le unghie. E mi sembra che questa città stia perdendo la memoria su alcuni suoi figli illustri».
Com’è finita la storia della donazione?
«Per mesi mi hanno illusa. Rassicurandomi che avrebbero trovato gli spazi per accogliere le cose di Luttazzi. Sono venuti a casa, hanno preso scatoloni con i primi materiali. Poi, silenzio. Richieste di incontri, mail, restavano lì senza risposta. Adesso, grazie ai Beni culturali di Roma, verranno allestite delle sale dedicate a Lelio nella Biblioteca Statale di largo Papa Giovanni. Il direttore Maurizio Messina e i suoi collaboratori sono già al lavoro sul progetto di Massimiliano Schiozzi, e io voglio ringraziarli».
Luttazzi era così felice del suo ritorno a Trieste...
«Questa storia è pazzesca. E grottesca. Lui, uomo di sinistra da sempre, è stato coccolato da un sindaco, da una giunta che la pensavano in maniera del tutto diversa. Ha trascorso degli anni davvero felici. Lelio era innamorato di Trieste. In tutte le interviste, in un modo o nell’altro, finiva per ricordarla. Adesso, evidentemente, qualcuno nella sua città l’ha dimenticato».
Ha provato a rivolgersi alla Regione?
«Per mesi ho chiesto un appuntamento al nuovo assessore alla Cultura della Regione. Che, tra l’altro, è un triestino. Niente, nessuna risposta. A Roma, a Milano, non mi hanno mai trattata così».
alemezlo
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