Legge sul fine vita, i medici si ribellano

«Snobbati nonostante le pesanti implicazioni deontologiche». Contestato l’inserimento delle volontà nella tessera sanitaria
Un malato assistito nella stanza di un ospedale
Un malato assistito nella stanza di un ospedale

TRIESTE. La legge sul testamento biologico votata la scorsa settimana dal Consiglio regionale finisce nel mirino dell’Ordine dei medici. Sotto accusa i Dat, le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, di cui il Friuli Venezia Giulia si è dotato varando una norma. La prima in Italia. «Noi non siamo stati sentiti - accusa il presidente Claudio Pandullo - nonostante il pesante coinvolgimento deontologico». Il presidente lo scrive nella sua newsletter inviata via mail ai colleghi. Pure in questo caso i dottori hanno dovuto apprendere tutto dalla stampa. Non risultano convocazioni. «Queste notizie mi riportano al 2008 - ripercorre Pandullo - quando sull’onda emotiva del caso Englaro i nostri decisori politici si sono dati da fare per proporre un testo che garantisse alla persona il diritto di morire con dignità. Il disegno di legge proposto dall’onorevole Calabrò - ricorda - è stato presentato alle Camere, ed è stato oggetto di emendamenti riflessioni... poi tutto si è fermato, probabilmente a causa degli altri impegni del Governo relativi alla situazione economica del Paese. E non è ancora risolta nonostante l’avvicendamento di tre diversi esecutivi», fa notare.

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Una manifestazione pro-testamento biologico davanti alla Quiete durante il ricovero di Eluana Englaro

In effetti il Parlamento, sul tema, non si è ancora pronunciato. La norma, evidentemente dimenticata nei cassetti di Montecitorio, non interviene sull’alimentazione e l’idratazione, «che devono essere mantenute fino al termine della vita - puntualizza il numero uno dell’Ordine provinciale - salvo che non abbiano più alcuna efficacia nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Personalmente - scrive ancora - sono favorevole alla raccolta documentata e aggiornata della Dat» perché «ciò va nel solco di quanto espresso dal codice deontologico che, ricordiamo, impone al medico di rispettare le volontà del paziente quando esplicite e chiaramente documentate. Il codice essenzialmente tutela il medico rimettendo la decisione di cosa fare o non fare al paziente», precisa. Anche se «il medico è poi sempre libero ed autonomo nelle proprie decisioni» e « sono comunque banditi tutti gli interventi volti a provocare la morte, da un lato, e dall’altro tutti gli interventi che non siano in grado di dare benefici al paziente e che vengono definiti molto correttamente futili». Fin qui i commenti sulle intenzioni del legislatore nazionale in stand-by.

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Una delle manifestazioni sotto la Quiete, dove era stata accolta Eluana Englaro

La Regione invece ha accelerato, suscitando le perplessità dei medici. «Il provvedimento - rileva Pandullo - prevede un successivo adeguamento a seconda di quelle che saranno le disposizioni indicate dalla normativa statale che costituisce come sempre una forma di diritto superiore. Perché allora tanta fretta nell’anticipare una legge nazionale che magari modificherà in maniera significativa quella regionale?», incalza il presidente. «Non posso nascondervi il timore che per tutta una serie di fortunate coincidenze politiche la nostra Regione si sia presa l’onere di fare da capofila, da elemento trainante per una serie di iniziative che - spiega - verranno poi a ricadere sulle altre regioni dopo una validazione da parte del Governo centrale».

Come noto, la normativa consente alla persona di esprimere la propria volontà sulla tessera sanitaria personale. Ma, obietta il presidente, «da molti anni chiediamo che lì vengano inseriti perlomeno alcuni dati più importati: ad esempio le patologie principali, le esenzioni, le allergie, vado oltre, magari la terapia… e invece si trova spazio improvvisamente per le Dichiarazioni anticipate di trattamento?». Nessun coinvolgimento, dunque, e un’estrema urgenza nell’approvare la legge. Per di più, nonostante la delicatezza del tema, nello stesso testo non ci sarebbe traccia del ruolo dei medici. «Non si fa alcun riferimento», conclude Pandullo nella sua lettera.

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