Legge sul caporalato applicata nell’appalto Tre patteggiamenti e due rinvii a giudizio

Tre patteggiamenti e due rinvii a giudizio, in relazione alle condizioni di sfruttamento nelle quali venivano sottoposti gli operai, undici africani, all’epoca dipendenti della ditta La Montaggi srl, operante nell’appalto Fincantieri. Lo ha disposto il gup Flavia Mangiante, l’altro ieri, durante l’udienza preliminare, al Tribunale di Gorizia. Le ipotesi di accusa contestate dalla Procura, rappresentata dal pubblico ministero Ilaria Iozzi, sono quelle di estorsione, minaccia aggravata e sfruttamento del lavoro, oltre a reati legati a questioni amministrative. Sentenza di condanna a 3 anni e 10 mesi, nonché al pagamento di 6 mila euro di multa, nei confronti dell’imprenditore di origini venezuelane Victor Julio Araujo Gomez, 40enne residente a Fogliano Redipuglia, socio cotitolare della ditta appaltatrice. All’imprenditore la Procura ha contestato il maggior numero di reati, ritenendo pertanto il suo un ruolo “di punta” nell’attività aziendale. Si sono affiancate ulteriori due condanne. Il tutto, quindi, a fronte del patteggiamento richiesto dai rispettivi legali difensori, concordati con il pm Iozzi. Gli altri due imputati affronteranno il processo, con il rinvio a giudizio disposto dal gup Mangiante. L’avvio con la prima udienza è stata fissata a marzo 2020. Nel processo si sono costituiti parte civile quattro lavoratori, sostenuti dagli avvocati Manuela Tortora e Sara Carisi, nonché la Cgil, in questo caso attraverso il legale Tortora.
Si tratta del primo procedimento per il quale è stata applicata la nuova normativa, legge 199 del 29 ottobre 2016, nata in seguito alla lotta dei braccianti agricoli al fine di combattere il cosiddetto caporalato. La nuova legge estende responsabilità e sanzioni anche agli imprenditori che fanno ricorso allo sfruttamento del lavoro. I fatti relativi a questo procedimento sono collocati nel periodo in cui la normativa era già entrata in vigore. Il procedimento è frutto dell’indagine condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Gorizia, attraverso l’operazione “Cash and carry”. La Montaggi srl, specializzata in ponteggi e nell’allestimento delle navi da crociera, era all’epoca stata radiata dall’albo dei fornitori, non potendo più operare per Fincantieri. Tutto era scaturito lo scorso 14 maggio, quando l’imprenditore venezuelano era stato arrestato. I carabinieri si erano presentati alle 7.40 nel suo ufficio situato a ridosso dei bacini di carenaggio del cantiere, mentre stava apprestandosi a iniziare la propria attività. Secondo quanto sostenuto dalla Procura, che aveva coordinato le indagini, l’imprenditore, «in qualità di capo cantiere, sottoponeva gli operai di nazionalità maliana, gambiana, e senegalese, a proibitive condizioni lavorative, con turni di oltre dieci ore al giorno, a fronte di retribuzioni parziali». Inoltre «minacciandoli di allontanarli dal posto di lavoro, al fine di ottenere dagli operai, mensilmente, la restituzione dallo stipendio appena ricevuto, di somme variabili dai 200 ai 400 euro in contanti». I dipendenti de La Montaggi, sempre secondo quanto ricostruito dalla Procura, percepivano 7 euro l’ora. Stando ai calcoli ricostruiti dagli inquirenti, delle circa 240 ore prestate mensilmente, agli operai venivano corrisposte 120-160 ore (1.050-1.120 euro).
Alcuni lavoratori, inoltre, sotto la minaccia del licenziamento, venivano obbligati a non denunciare gli infortuni alle autorità competenti, dichiarando che gli incidenti erano avvenuti a casa. Il tutto, sempre secondo la Procura, protrattosi nell’arco di due anni.
Nell’ambito dell’indagine dei carabinieri Fincantieri aveva garantito la piena collaborazione agli inquirenti attraverso il personale della security e gli accessi nello stabilimento per la predisposizione di microspie e telecamere nel container della ditta.—
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