Legge sui beni della Chiesa: popolo blocca il Parlamento in Montenegro

Manifestanti mandano in tilt la capitale Podgorica e la città di Berane per opporsi alla norma in discussione in aula. L’intervento decisivo del metropolita Amfilohije
Serbian Orthodox Church clergy and believers hold a service on a bridge near the parliament, ahead of a vote for a bill on 'Religious freedoms and legal rights of religious organizations' in Podgorica, Montenegro December 26, 2019. REUTERS/Stevo Vasiljevic
Serbian Orthodox Church clergy and believers hold a service on a bridge near the parliament, ahead of a vote for a bill on 'Religious freedoms and legal rights of religious organizations' in Podgorica, Montenegro December 26, 2019. REUTERS/Stevo Vasiljevic

PODGORICA Tensione con le forze di polizia davanti al Parlamento di Podgorica, capitale del Montenegro, praticamente bloccata dalla tarda mattinata fino alle prime ore della sera, così come la città di Berane. Migliaia di cittadini guidati da pope e da vescovi serbo-orotodossi hanno fronteggiato per ore gli agenti della sicurezza con i continui inviti a non cadere nelle provocazioni che alcuni infiltrati dei servizi segreti avrebbero potuto lanciare al solo scopo di creare scontri e giustificare così l’intervento violento da parte della polizia schierata coni plotoni anti-sommossa.



Il tutto mentre nelle aule parlamentari iniziava la discussione per l’approvazione della legge sulle comunità religiose. Il disegno di legge include un registro di tutti gli oggetti e siti religiosi che secondo le autorità un tempo erano di proprietà del regno indipendente del Montenegro prima che diventasse parte del regno serbo, croato e sloveno dominato dai serbi nel 1918 come precursore della Jugoslavia. Secondo tale norma, le comunità religiose dovranno fornire prove chiare della proprietà al fine di conservare le loro proprietà, una disposizione che secondo i serbo-ortodossa è progettata dal governo per spogliare la chiesa delle sue proprietà.

La giornanta parte malissimo con i deputati dell’opposizione che denunciano come il dibattito si stia svolgendo in un’atmosfera da «colpo di stato» mentre il vicepremier e ministro della Giustizia Zoran Pažin afferma di ritenere «ugualmente inaccettabili gli insulti e le negazioni dell’identità dello Stato montenegrino, anche quando questi celebrano la scomparsa dello Stato in nome del nazionalismo della Grande Serbia». Apriti cielo. Dai banchi dell’opposizione il deputato Andrija Mandić esortava i cittadini a non venire a Podgorica ma a scendere nelle strade nelle proprie città e bloccare il Montenegro. «Non lasciate - ha detto nel suo intervento - che la maledizione sia imposta a voi e a questa gente».

Alle 13 le persone che si erano radunate in piazza della Resurrezione si muovono verso il Parlamento ma vengono bloccate prima del ponte Blaž Jovanović. Gli agenti spiegano che laloro non era una manifestazione autorizzata. Arrivano i vescovi e ribattono che non si tratta di una manifestazione ma di un “molieben”, ossia di un servizio di intercessione, o servizio di supplica, una liturgia utilizzata nelle Chiese ortodosse orientali rivolta a Gesù Cristo, alla Madre di Dio, a un santo o in occasione di una festa religiosa. Lo stesso accade nella città di Berane dove la gente vuole raggiungere i palazzi governativi ma viene bloccata dagli agenti. alle 13.44 il premier Duško Marković dà l’ordine alla polizia di non usare la violenza e di garantire l’ordine e la sicurezza, mente i vescovi chiedono pace e dignità. Alle 14 interviene anche il capo della Chiesa serbo-ortodossa in Montenegro, il metropolita Amfilohije che si appella a tutta la popolazione senza distinzione di credo affinché faccia prevalere la pace e la fraternità. La tensione è palpabile. Gli agenti di polizia sono nervosissimi, la barriera umana spinge contro il loro cordone sul ponte Ribnica prima del Parlamento. I vescovi stringono le mani ai poliziotti per cercare di stemperare l’atmosfera. Uno di loro si inginocchia davanti alla polizia e inizia a pregare subito imitato da centinaia di fedeli. Lo scontro è così evitato. Alle 14.38 arriva tra i manifestanti anche il metropolita Amfilohije che circondato dai fedeli lancia subito un messaggio di pace. «La nostra è una ribellione all’ingiustizia - spiega - ma non con le armi e con la forza, questa è una manifestazione popolare a favore della Chiesa, oggi avremmo potuto radunare qui ancora più persone ma non è questo il nostro obiettivo».

Alle 15 il metropolita viene ricevuto dal premier Marković. La sessione parlamentare si interrompe. I due leader parlano della norma sulle comunità religiose. Un incontro che dura più di un’ora. Poi Amfilohije esce da palazzo e porta cone sè il rinvio dell’approvazione della legge a dopo il Natale ortodosso (la nostra Epifania). «Non vogliamo che la legge sia abolita - dichiara - ma che venga approvata nel dialogo con la Chiesa perché alcune parti di essa non portano pace, ma miseria». —


 

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