Leader serbo ucciso in Kosovo. Sale la tensione
BELGRADO. Un omicidio eccellente, in Kosovo, che potrebbe riportare indietro le lancette a tempi oscuri - non lontani - di tensioni interetniche e violenze. E che ha già avuto un dirompente effetto negativo: lo stop al dialogo tecnico tra Serbia e Kosovo, che doveva riprendere dopo un anno di stasi. L’omicidio è quello perpetrato ieri mattina, martedì 16 gennaio, nella parte settentrionale di Mitrovica, la città divisa in due tra serbi e albanesi dal fiume Ibar, dove è stato freddato Oliver Ivanović, uno fra i leader politici storici della comunità serba nel nord del Kosovo.
Ivanović, 64 anni, è stato ammazzato da ignoti killer davanti alla sede del piccolo partito di cui era presidente, “Libertà, Democrazia e Giustizia”. La scorsa estate Ivanović, conosciuto come un politico sinceramente moderato e a favore del dialogo con la controparte albanese, spesso fra gli oppositori più in vista del maggior partito tra i serbi del Kosovo, la Srpska Lista, era stato vittima di quello che ora assume tutti i caratteri di un avvertimento. La sua auto era stata infatti data alle fiamme, per «ragioni politiche», aveva suggerito egli stesso senza entrare nei dettagli.
Ma chi ci potrebbe essere dietro un delitto che ha scioccato Mitrovica – e la Serbia - e soprattutto chi avrebbe avuto interesse a eliminare Ivanović, oggi non certo una figura cardine come un tempo? Impossibile al momento fare ipotesi realistiche, ma le indagini sono state lanciate a 360 gradi: la polizia kosovara che ha persino annunciato una ricompensa di diecimila euro a chi fornirà informazioni utili.
Sul tavolo delle ipotesi, l’eliminazione decisa da estremisti serbi o albanesi, l’assassinio politico. O quello a sfondo criminale, dato che Ivanović non si era tirato indietro nel denunciare la “Piovra” mafiosa nel nord del Kosovo. Kosovo dove l’assassinio è stato condannato dal governo di Pristina, che ha definito l’agguato una sfida «agli sforzi per ristabilire lo stato di diritto su tutto il territorio» e ha dichiarato «inaccettabile la violenza, da qualunque parte provenga e contro chiunque sia diretta». Condanna «con fermezza» è arrivata anche dal presidente kosovaro, Hashim Thaci, mentre il premier Haradinaj ha parlato di atto con «fini politici», pensato anche per bloccare il processo per la normalizzazione dei rapporti» tra Serbia e Kosovo.
Di «atto terroristico» contro tutti i serbi - non solo quelli del Kosovo - «che sarà punito» e su cui la Serbia vuole essere coinvolta nelle indagini per fare luce sul caso ha parlato invece con forza il presidente serbo Aleksandar Vučić, in una conferenza stampa dai toni molto accesi convocata dopo una riunione urgente del Consiglio di sicurezza nazionale. Si tratta di un attacco rivolto a «un uomo che sicuramente non era contro il dialogo, ai serbi del nord del Kosovo e alla Serbia», ha aggiunto il leader di Belgrado, specificando che se le autorità kosovare o la missione Eulex non saranno in grado di far luce sull’omicidio «lo faremo sicuramente noi».
L’eliminazione di Ivanović come detto ha avuto un effetto pesante e immediato sul dialogo tra Serbia e Kosovo. Proprio ieri, infatti, era attesa la ripresa del confronto a livello tecnico – non quello più alto, condotto a livello presidenziale - tra Belgrado e Pristina a Bruxelles, facilitato dall’Ue. Ma la notizia dell’assassinio ha indotto Belgrado a decidere l’immediato ritiro della propria delegazione ai negoziati, come annunciato dal numero uno dell’Ufficio serbo per il Kosovo, Marko Djurić. Djurić che ha definito l’omicidio «un atto terroristico e criminale progettato per destabilizzare la situazione in Kosovo», «un attacco all’intera nazione serba». L’idea che avrebbe mosso i killer, ha aggiunto, sarebbe stata quella di «scatenare il caos» in Kosovo e di spingere i serbi dell’area a «nuovi scontri». «Su cosa possiamo ancora dialogare» con Pristina, si è chiesto ad alta voce Djurić.
L’interruzione dei negoziati ha spinto anche il commissario Ue all’Allargamento, Johannes Hahn, a intervenire subito via Twitter, condannando «con fermezza» l’attentato ma ammonendo anche entrambe le parti coinvolte che «non c’è alternativa al dialogo». L’unica via, ora, ha aggiunto Hahn, è «rimanere calmi, agire in modo responsabile e consentire alle autorità giudiziarie di indagare a fondo» per consegnare «i colpevoli alla giustizia». Un appello che fa il paio con quello di Mosca, che ha chiesto all’Onu e all’Ue «misure scrupolose e articolate per prevenire possibili incidenti nella regione» e «indagini accurate».
E dell’Alto rappresentante Ue agli Esteri, Federica Mogherini, che ha avuto una conversazione telefonica con Vučić e Thaci facendo poi sapere di avere «invitato tutte le parti a dar prova di calma e moderazione, garantendo il rispetto dello stato di diritto». E ad attendere che la giustizia faccia il suo corso.
Ma, a parte lo stop di ieri, può l’omicidio Ivanović avere ripercussioni a lungo termine sul dialogo Serbia-Kosovo? «Difficile dirlo ora», spiega al Piccolo il politologo ed esperto di Balcani, James Ker-Lindsay, ma potrebbero esserci altri tipi di uso deleterio del caso Ivanović. «Sospetto – continua - che Pristina userà il caso per deviare l’attenzione dai suoi problemi politici, incluse le tensioni» sulla Corte speciale sui crimini dell’Uck. E potrebbero «sostenere che l’omicidio sottolinea ancora una volta il problema del crimine organizzato nel nord e la necessità di restaurarvi legge e ordine». L’impatto politico diretto dovrebbe invece essere meno aggressivo, perché «Ivanović era stato marginalizzato negli ultimi anni. Anche se un tempo era visto come una figura moderata di rilievo, il suo arresto e la detenzione» per presunti crimini di guerra – ma condanna cancellata in secondo grado - «avevano fatto venir meno il suo ruolo» e affossato la sua carriera politica. Certo quello di ieri, conclude l’esperto, rimane «un evento scioccante».
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