Le zecche colpiscono non solo sul Carso ma anche in città

L'esperto Paolo Zucca: «Questa la stagione più pericolosa in cui si rischia di prendere il morbo di Lyme». Come prevenire la malattia. Gli accorgimenti

TRIESTE. «Nessun allarme, il problema delle zecche si supera con la sua conoscenza». Esordisce così Paolo Zucca, medico veterinario dell'Ass 1. Al convegno affollatissimo "Le zecche. Conoscenza e prevenzione", organizzato dalla Federcaccia Trieste ad Aurisina, si sono innanzitutto sfatati un po' di leggende.

I pericoli oramai non sono solo il bosco, la montagna o il prato, anche le aree urbane sono zone a rischio.

«I cambiamenti climatici e lo spostamento degli animali stanno avvenendo molto velocemente - spiega Zucca- da un lato quindi, l'innalzamento della temperatura ha alzato il livello di altitudine in cui si possono trovare le zecche, ora anche sui 1500 metri, e dall'altro anche le zone urbane si trovano colonizzate». Un altro mito da sfatare è quello della zecca più piccola che fa meno danni di quella grande. Non solo può portare malattie altrettanto uguali, ma anche più gravi. L'estate non è, come dicono in molti, la stagione più pericolosa perché la zecca non sopravvive con bassa umidità (che dev'essere superiore al 90% con una temperatura al suolo che superi i 7 gradi). «E' proprio questa la stagione di massimo picco - continua Zucca - assieme all'autunno».

A rischio quindi gli addetti ai lavori (cacciatori, guardie forestali), i raccoglitori di asparagi, ma anche il semplice cittadino. «L'80 % del nostro tempo lo trascorriamo nell'area vicino alla nostra casa -osserva Maurizio Ruscio del Laboratorio di chimica clinica dell'ospedale di San Daniele del Friuli -attenzione quindi a curare il giardino, tagliare l'erba e spazzare le foglie, ottima fonte di umidità per le zecche». L'Ixodes ricinus, nota più come zecca, compie circa quattro anni per terminare i suoi tre stadi di vita, nel corso della quale punge in media tre volte. «Il problema è che attaccandosi ai roditori e altre bestie infette, la zecca si prende il virus che in seguito rigurgiterà dentro l'essere umano», spiega Ruscio.

La borreliosi di lyme è la malattia più comune trasmessa dell'infezione da zecca, dalle 2000 alle 5000 persone l'anno vengono colpite nella nostra regione. Può interessare la pelle, il sistema nervoso centrale, le articolazioni e il cuore. «E' una malattia batterica, quindi curabile, ovviamente immpressiona sempre il caso più grave ma la complicazione avviene solo a causa di diagnosi tardiva, quando si passa da malattia localizzata o disseminata, a cronica (l'8% dei casi) «Il timbro di fabbrica della borrelia è l'eritema migrante (il rossore intorno alla puntura) che cresce di circa 1 cm al giorno. Purtroppo però solo nel 60% dei casi la malattia comincia con l'eritema, a volte si saltano stadi e si arriva subito al livello cronico e alcuni sintomi, come la stanchezza, possono essere generici.

Quando si leva la zecca, quindi, se dopo 10-15 giorni compare l'eritema, si è sicuri già della diagnosi «non occorrere neanche perdere tempo con gli esami del sangue, si va dal medico e s'inizia la terapia». Se invece l'eritema non compare si devono fare i test del sangue, solo dopo sei settimane però, il tempo nel quale il 100% delle persone sviluppa gli anticorpi. Se il test sarà positivo, si inizierà la cura antibiotica. Purtroppo la borrelia non è l'unica malattia da zecca. La Tbe è un virus che penetra con il suo morso, si diffonde più lentamente ma più progressivamente, una vera cura no c'è ma esiste il vaccino.

 

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